DJANGO UNCHAINED

SEMPRE VENDETTA IL LEIT MOTIVE

GENERE: Western, Drammatico
REGIA: Quentin Tarantino
SCENEGGIATURA: Quentin Tarantino
ATTORI: Jamie Foxx, Christoph Waltz, Leonardo DiCaprio, Kerry Washington, Samuel L. Jackson, Zoe Bell, James Remar, Don Johnson, Franco Nero, Robert Carradine, Walton Goggins, Bruce Dern, James Russo, M.C. Gainey, Tom Savini, Michael Bacall, Dennis Christopher, Laura Cayouette, Tom Wopat, Rex Linn, Gary Grubbs, Lewis Smith.
FOTOGRAFIA: Robert Richardson
MONTAGGIO: Fred Raskin
MUSICHE: Mary Ramos, Ennio Morricone
PRODUZIONE: Warner Bros Italia
DISTRIBUZIONE: Columbia Pictures
PAESE: USA 2013
DURATA: 165 Min

TRAMA: Nel Texas, uno schiavo nero di nome Django viene venduto a un poco ortodosso dentista tedesco di nome Schultz, cacciatore di taglie. Il medico è infatti sulle tracce dei fuorilegge fratelli Brittle, e solo l’aiuto di Django può aiutarlo a riconoscere i criminali, a catturarli – vivi o morti – e a riscuotere quindi la sostanziosa taglia. A missione compiuta Django potrà ottenere la libertà e dedicarsi alla ricerca della moglie Broomhilda, persa a causa della sua vendita come schiavo.Tuttavia i due non si separano al raggiungimento dell’obiettivo e insieme si mettono alla ricerca della famiglia che tiene prigioniera la bella Broomhilda.

E’ ancora la vendetta il tema centrale del Django di Quentin Tarantino. Dopo “Kill Bill” e “Bastardi senza gloria”, il visionario regista “riscrive la Storia” a modo suo: stavolta sono gli schiavi neri d’America a lanciare il guanto di sfida, a ribellarsi e ad entrare nel mondo western disegnato e abitato, finora, solo dai bianchi. Memorabili i dialoghi iniziali del dottor Shultz (Christoph Waltz) in cui ogni parola pronunciata ha un preciso obiettivo; e straordinariamente efficace la ridicola rappresentazione di un Ku Klux Klan in fieri con i sacchetti bianchi in testa.

Tarantino firma un’ottima sceneggiatura in cui si alternano sanguinose e spettacolari violenze, come nel suo stile, a dialoghi sopraffini e trame che non lasciano nulla al caso. La ricerca di Django (Jamie Foxx) della sua moglie Broomhilda (Kerry Washington) si muove all’interno del solco tracciato dalla scarsa considerazione degli schiavi da parte dei padroni terrieri bianchi (buona la prova di Leonardo Di Caprio nel ruolo del possidente e ricco Calvin Candie), particolarmente rintracciabile nelle lotte a mani nude e a morsi che gli schiavi sono costretti a combattere per il divertimento (condito da scommesse) dei bianchi. E anche i neri possono essere razzisti verso se stessi: basta guardare le gesta del “negriero” Stephen, interpretato da Samuel L. Jackson, che si adopera in tutto e per tutto per il suo padrone bianco Calvin.

Il film è “Cinema” puro. Tarantino usa il western all’italiana (il cosiddetto “spaghetti western”), ne prende gli usi e lo amplifica grazie anche alla spettacolarità delle tecnologie moderne. Musiche, citazioni d’autore, umorismo, primi piani ravvicinati fanno ormai parte del bagaglio del regista, che appassiona e travolge lo spettatore anche questa volta.

Il film è una citazione d’amore per il cinema italiano. Difatti nei titoli di testa appare la frase: “senza gli spaghetti western non esisterebbe una buona parte del cinema italiano. E Hollywood non sarebbe la stessa cosa”. E quasi a dimostrare la tesi, Django Unchained si apre con le note di Luis Bacalov, già colonna sonora del Django di Bruno Corbucci del 1967, e si chiude con la popolare “Lo chiamavano Trinità” di Franco Micalizzi.

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