FLAMINIA COLELLA: LA VOCE DEL FUOCO

Due chiacchiere e qualche chicca

Esistono poeti che devono essere scoperti con calma, letti e riletti nei particolari, fino ad entrare nella loro dimensione lirica. Quando nel 2018 mi sono imbattuto in Flaminia Colella, giovane poetessa romana, essere calmi e metodici non è stato necessario: le poesie di Sul Crinale entravano dentro affilate con la leggerezza di un respiro. Avevo appena scoperto un’artista vera, un talento che nel ritmo esprime la sua vena più sincera. La intercetto al telefono per fare due chiacchiere e raccontarmi della sua ultima raccolta “La voce del fuoco”, un denso lavoro durato tre anni, nel quale viene celebrata la vita nella sua più nobile essenza.

Discutere con Flaminia Colella è un piacere: non solo perché mi trovo davanti a una persona che ha l’ambizione di indagare la vita nel suo mistero, ma anche perché si dimostra molto attenta ad ogni mia parola. D’altronde, mi ricorda, “la poesia, come l’arte tutta, è prima d’ogni altra cosa una grande questione d’ascolto”.

Già dalle prime letture di questa raccolta, si capisce che quello della poetessa è un chiaro invito al fuoco, cioè alla vita vera. Nella voce del fuoco non v’è la paura di aprirsi, di rompersi dinanzi agli urti della realtà, bensì regna il coraggio di rispondere alle “chiamate” importanti con l’intensità che l’esistenza richiede. Questo fuoco è tutto ciò per cui vale la pena vivere, tragedia e commedia, musica e silenzio; e l’artista è chiaramente colui che è disposto a lottare per esso facendo della vita molto di più che un semplice spettacolo da ammirare.

Parlare con Flaminia Colella, non significa solo entrare in punta di piedi nel suo mondo poetico ma significa anche confrontarsi con un’artista che dimostra una visione del reale ad ampio spettro. L’impressione è che le sue consapevolezze, maturate in anni di osservazione,  lascino emergere una poesia completa, che si porta dietro con leggiadria tutto il peso che questo genere letterario pretende di esprimere. Mi dice “la poesia è dono e sacrificio, un atto d’amore verso il vivente” e io non posso che annuire pensando a come questa riesca a dare un valore ad ogni singola cosa.

Accolgo con larghezza

l’euforia e la rabbia

e quando sorgono

mi fanno un campo solo.

Ingombro, sto nel mezzo

e dell’uccello che si posa su di me

invidio

il meccanismo semplice del volo

il battito d’ala che disperde

e altrove, e di nascosto

compie il suo miracolo.

Si parla di euforia e di rabbia, di come una parte di noi soffra una diminuzione rispetto alla potenza della natura. Come se non riuscissimo ad arrivare alla meraviglia che si compie entro e fuori l’umano. Se c’è una cosa che hanno in comune tutti i grandi poeti è proprio quel velato sentimento di inferiorità nei confronti del mondo, come se qualcosa gli venisse sempre ed intrinsecamente negato. Flaminia Colella questa sua “inferiorità” l’abbraccia fino a farla diventare il suo vessillo. Ci tiene a precisare “l’artista non genera versi né magicamente partorisce da meandri reconditi del suo inconscio materiale luminoso che noi qualifichiamo come poesia, musica, pittura o altro. L’arte opera sempre a partire dalla vita, dalla relazione con il Tutto. Ebbene il poeta è un grande arco attraverso cui la vita si mostra più nitidamente.”

Ovviamente bisogna distinguere l’orientarsi entro sé stessi attraverso la scrittura e scrivere invece un’opera d’arte. Tutti siamo degli esseri contemplativi, fatti per la riflessione e per il raccoglimento in un qualche tipo di solitudine, ma oggi, soprattutto leggendo in rete, si ha l’impressione che molto di quello che si spaccia per poesia in realtà sia solo scrittura a “basso investimento”.

Dedicarsi all’arte con serietà richiede studio e una giusta dose di follia, di sfacciato coraggio e presunzione perché fare l’artista significa “giocare al tiro a segno con l’aria, ci si accorda ai suoni, al niente o al tutto che si alternano; ci si deve sporgere per ricevere qualcosa, con ogni fibra del corpo. È un’offerta piena, totale di sé. E anche un’umiliazione continua. Non credo che si possa scegliere, la poesia ti sceglie, non il contrario. Non esiste altro specchio che meglio della Poesia possa illuminarci nel percorso tutto umano della ricerca del senso delle cose”.

Conforta l’idea della durata

che la roccia duri

e che vada oltre me. Che sorpassi,

con premura.

La roccia sa che andrò via per prima.

E non mi dà rammarico,

la guardo con l’amore di un passante

e penso a quanti avrà guardato

con premura, lo sforzo di lasciare

un po’ di bene

di creatura che rimane è vede

tutti gli altri scomparire.

Flaminia Colella

Antonio Alberto Di Santo

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