Il De Profundis al Teatro di Documenti

Ancora una volta il regista Orlandelli ci racconta Oscar Wilde

De Profundis – L’altra metà del giardino
Roma, Teatro di Documenti
14-19 maggio 2024
Regia di Paolo Orlandelli
Con: Mauro Toscanelli, Gaetano Lizzio, Vincenzo Palladio

Info: “Dopo un prologo tratto dal De Profundis, in cui immagino Wilde divenuto statua alla maniera del Principe Felice, che parla ai posteri, si darà spazio alla materia trattata nei tre processi di cui Wilde fu protagonista. Il primo venne da lui intentato contro Lord Queensberry, padre di Lord Alfred, e si concluse senza un verdetto poiché Wilde ritiró la querela; il secondo venne intentato contro Wilde da Sua Maestà la Regina Vittoria ma il verdetto non fu emanato poiché mancava l’unanimità tra i giurati; il terzo ed ultimo processo vide Wilde condannato al massimo della pena prevista per il reato di sodomia” (Paolo Orlandelli)

Orlandelli, Toscanelli, Wilde: un trittico vincente ed emozionante che torna in scena – dopo il reading Oscar e Bosie dello scorso autunno al Centro Culturale Artemia – nella suggestiva location del Teatro di Documenti con l’appassionante De Profundis – l’altra metà del giardino. Accanto a Mauro Toscanelli, magistrale interprete del Mito, i bravissimi Gaetano Lizzio, nelle vesti superbe di Lord Queensberry, padre dello stesso Bosie, e Vincenzo Palladio, splendente giudice divino post mortem della vita e dei peccati di Wilde.

L’unicità del Teatro di Documenti, avveniristico spazio teatrale ricavato dal Maestro Scenografo Luciano Damiani (1923-2007) dalle grotte di Testaccio, la cui direttrice artistica Carla Ceravolo, scenografa e costumista, ha curato anche i costumi dello spettacolo, rende l’opera di Paolo Orlandelli assolutamente straordinaria; un viaggio itinerante che parte dalla statua vivente di Oscar, novello Principe Felice che parla ai posteri, prosegue nella trattazione della materia processuale per voce di Lord Queensberry e si conclude nella Sala del Giudizio, dove l’anima pacificata ma non doma di Wilde, provata e mutata dall’esperienza del carcere, si immagina a cospetto di Dio, con cui intavola un vivace dibattito filosofico.

Ancora una volta, Orlandelli mette la sua maestria registica al servizio del Mito; come già avevamo apprezzato nel citato reading, la quasi totale assenza di scenografia, che qui mette altresì in risalto lo scenario naturale del Teatro di Documenti, dà profondità alla voce degli attori, rendendoli spiriti reali di un tempo che è stato, anime vive e pulsanti che trasmettono allo spettatore la propria rabbia ed il proprio dolore, in una catarsi che mette al centro l’uomo Oscar e l’artista Wilde, il suo essere diverso ed unico in una società, quella del suo tempo, bigotta ed ipocrita; diversità di cui è fiero ma anche vittima, condannato da una legge iniqua al carcere duro per il delitto di omosessualità e sodomia, che in epoca vittoriana non ammette sconti.

Se Toscanelli, come già in Oscar e Bosie, si trasfigura letteralmente nel suo personaggio, identificandosi quasi con lo scrittore, il suo antagonista Lord Queensbury è interpretato da un fiero Lizzio, altero e sdegnoso come il personaggio richiede, appassionato e convincente nella sua energica arringa contro il “mostro” Wilde. Ciliegina su una torta già ricca e gustosa, il divino Palladio (nomen omen secondo la tradizione pagana, riferendosi a Pallade Atena) nella Sala del Giudizio dà allo spettacolo quel quid in più; in netto contrasto anche visivo con Wilde, lacero nei suoi panni carcerari a paragone con quelli ricchi d’oro e rilucenti (grazie anche ad un sapiente uso delle luci) della Divinità, restituisce alfine, nel confronto estremo, al Poeta e Scrittore la sua Grandezza e Superiorità Intellettuale.

Michela Aloisi

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