Il Metodo Kempinsky

La leggerezza del vivere

Il Metodo Kempinsky
Regia: Federico Salsano
Con: Lele Panzeri

Ancora una volta la piattaforma per il cinema indipendente Indiecinema mette a disposizione del suo pubblico di abbonati un piccolo gioiellino, un racconto esistenzialista espresso con leggerezza e divagazioni pop: tale è Il metodo Kempinsky, di Federico Salsano.

Il regista Federico Salsano

Il protagonista, interpretato con umanità surreale da un bravo Lele Panzeri, è un uomo avanti negli anni che si trova al momento del bilancio della sua vita. Le immagini concrete si contrappongono alla straniante voce fuori campo, dando vita più che a una storia ad un insieme di sensazioni, alla stregua di un quadro impressionista. Il viaggio all’interno di sé inizia su una barca a vela, che attraversando l’Atlantico giungerà fino a Cuba; ma non è la meta quanto il viaggio stesso il fulcro di quest’opera ironica e profonda che porta lo spettatore su un altro piano dimensionale. Il flusso dei ricordi scorre senza soluzione di continuità mescolandosi con la realtà; i Rolling Stones unico punto comune, dalla bandiera che sventola sull’imbarcazione alla borsa che il protagonista tiene con religiosa cura, passando per Jumpin’ Jack Flash, fino al concerto che gli Stones tennero a Cuba diversi anni fa al termine del loro tour sudamericano. Termine del tour e termine anche del nostro viaggio.

Le immagini della traversata, del mare, del cielo, sono ipnotiche, perfette, suggestive, richiamano albe e tramonti di una intera vita, mentre a bordo la mente si scinde e si triplica, dando spazio ad altri tre strani individui che sono in realtà le tre anime dello stesso protagonista: il perenne malinconico, il folle creativo, il fanciullo introverso. I ricordi vagano, accompagnati dalla voce fuori campo, dal Lascia e Raddoppia del compianto Mike Bongiorno alle pulsioni sessuali del protagonista bambino risvegliate da un manichino da sarta, il Manichino della Signora Zaffaroni, mentre un messaggio in bottiglia (e a noi la mente va a Sting e Message in a bottle) viene lasciato al mare e La patetica di Chaikovski e Jumpin’ Jack sono la chiave che apre la porta di un’esistenza vissuta pienamente ma non senza rimpianti; poiché “Ha fatto più danni la coscienza di sé del gelato gusto puffo”.

Sbarcato a nuoto, nudo, a Cuba, il nostro Jack, le pubenda prima mostrate e poi nascoste da un simbolico Pinocchio, si riveste e viene portato in centro da un misterioso autista, mentre si ripete, inesorabile, la sua domanda senza risposta: A donde deberia ir?. Poi la musica caraibica avvolge tutto e ci porta in un enorme Luna Park, tra giocatori di dadi e un tiro a segno ai bambolotti, e infine alla narratrice, che ruba il prezioso Pinocchio dalla borsa del nostro Jack. Ed eccolo, l’epilogo della storia e della vita stessa; l’incontro con la donna che suona al pianoforte La Patetica e lo svelarsi del segreto di Pinocchio ci rivelano che tutto, alla fine, si tramuta in cenere. E mentre gli Stones iniziano il loro concerto, l’uomo si muove tra le lapidi di un cimitero come tra la folla degli spettatori davanti al palco e passato e presente si fondono in un unicum indistinguibile. L’elastico è lunghissimo come il filo che tiene su la luna; ma alla fine, rien ne va plus.

Michela Aloisi

 

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