INTERVISTA A VITTORIA FARO

Assai stimolante, gradevole, la conversazione da noi avuta con Vittoria Faro, brillante protagonista di "Vestire gli ignudi" al Teatro Palladium

Tra il 15 e il 18 marzo è andata in scena a Roma una versione dell’opera di Pirandello, Vestire gli ignudi, che ci ha alquanto colpito sia per la modernità della cornice scenografica che per l’impegno così appassionato degli interpreti, nella fattispecie Gaetano Aronica (autore anche di adattamento e regia), Andrea Tidona, Stefano Trizzino, Barbara Capucci, Fabrizio Milano e soprattutto Vittoria Faro. Quest’ultima, in particolare, si è distinta per l’intensità con cui ha saputo proporre al pubblico del Palladium un personaggio indubbiamente complesso come Ersilia Drei. A ciò si è poi aggiunto il singolare “incidente” riguardante proprio l’attrice, un episodio avvenuto domenica 18 e quindi nell’ultimo giorno di repliche, del quale vi relazioneremo più avanti, quasi a preservare la suspense. Poiché la conversazione, viste anche la bravura di Vittoria e la sua genuina passione per il corpus delle opere pirandelliane. Ha conosciuto prima altri sbocchi.

Vittoria, dopo aver apprezzato la tua interpretazione nel pirandelliano Vestire gli Ignudi, testo dalle forti implicazioni emotive andato in scena al Palladium di Roma poche settimane fa, vorremmo chiederti quali sono secondo te i punti di forza dell’adattamento curato da Gaetano Aronica e come sta procedendo questa impegnativa tournée, iniziata in Sicilia lo scorso dicembre.

Ciao e intanto grazie per questa intervista! Vestire gli ignudi – scritta nel lontano 1922 da Luigi Pirandello – è una storia nera che potrebbe essere letta come una seduta psicanalitica. Aronica la ripropone e attualizza ulteriormente raccontando sulla scia della recente cronaca hollywoodian-weinsteniana, una storia di sesso, potere e visibilità mediatica che sembra scritta ai giorni nostri. Ma è soprattutto la storia di una libertà, di una ribellione ad una società imprigionata nei meccanismi della forma, cui fa riferimento lo stesso Pirandello nella sua omnia produzione teatrale. In particolar modo Gaetano Aronica fa luce su l’efferato contrasto tra maschile e femminile: gli uomini, ingabbiati nel ruolo sociale, agiscono soltanto per dovere, privi di un mondo affettivo e di un autentico impulso vitale congelato in un freddo e vuoto formalismo; Ersilia, al contrario, vive nel suo moto interiore, nei sentimenti, e nella propria capacità di mettersi a nudo; Il flusso di coscienza della protagonista diventa quindi lo specchio deformante che smaschera la vera natura degli altri personaggi, facendone emergere il lato oscuro. C’è poi la scenografia, l’installazione futurista firmata da Antonia Petrocelli, che diventa personaggio in scena incombendo a centro palco e separando idealmente la scena in due parti, “la strada” e “l’alloggio” della governante Onoria dove tutto si svolge; ma anche i personaggi ciascuno ritratto perfettamente nella propria forma e caratterizzato. Aronica lascia trasparire la sottile violenza sotterranea del testo e costruisce una partitura teatrale con un ritmo cinematografico. Attualmente ci troviamo a Palermo al Teatro “Al Massimo” e vi resteremo ancora una settimana, siamo felici dei risultati e ci auguriamo che il pubblico anche questa settimana possa gioire con noi! Quindi procede bene e io sono felice di aver trovato dei compagni di viaggio con cui condividere gioie e dolori non mi sono mai sentita sola!

Cosa ti ha affascinato in particolare di questa sfida, ossia interpretare un personaggio complesso, sofferto, intimamente fragile come quella Ersilia Drei, già impersonata in passato da grandissime attrici come la Melato?

Ho quasi sempre interpretato, sin dai tempi dell’accademia ruoli importanti o complessi, non è la prima volta insomma che mi imbatto in un ruolo cosi! Devo ammettere però che tutti i personaggi femminili che ho interpretato avevano una nota comune “la forza”, Ersilia invece dichiara fin da subito questo suo “sentirsi niente” o “essere niente” o “non aver mai avuto la forza di..” ma al contempo fa qualcosa che probabilmente nessuno per timore farebbe, ossia andare di notte in un giardino pubblico per prostituirsi e poi tentare il suicidio: più forte di così?! Quindi la difficoltà nell’interpretare questo personaggio è stata soprattutto nel dovermi approcciare a un testo e un personaggio così difficile in poco tempo, e affrontare una sostituzione per un ruolo non da poco. Nellìintimo però questo personaggio lo sento molto vicino a me e devo ammettere che mi commuove, carico com’è’ di segreti sul mondo femminile….solo Pirandello poteva ritrarlo cosi.

Riguardo a Pirandello, oltre che come interprete nel recente passato ti sei confrontata con siffatto autore anche in chiave registica, al momento di mettere in scena Sogno (ma forse no) al Teatro di Documenti. Cosa puoi dirci di questa esperienza e cosa pensi, più in generale, delle chiavi di lettura che a livello di regia ti sembrano più opportune, oggigiorno, quando si vuole portare a teatro “un classico”?

Io amo molto Pirandello come autore, forse uno dei miei preferiti in assoluto e uno dei più innovativi non solo per le tematiche trattate ma anche per la meticolosità delle sue didascalie che raccontano un mondo nel dettaglio e non lasciando nulla al caso…quasi come una sceneggiatura di oggi per il cinema. Quello che però mi affascina maggiormente è l’oscurità che rintraccio all’interno dei suoi testi, come se i personaggi fossero morti e venissero da un passato impolverato, intriso di mistero. Con Sogno (ma forse no) è stato amore a prima vista! Un amico me lo lesse dicendomi che sarei stata brava a metterlo in scena e devo ammettere che aveva ragione, me ne innamorai subito, un atto unico strepitoso e innovativo sotto ogni punto di vista. Un “classico” e’ un classico… cioè immortale e mitico, affronta tematiche universali e quello che cambia nel tempo sono i linguaggi e i costumi, quindi quel che mi viene da dire è che forse chi affronta oggi il classico deve prima fare una analisi testuale approfondita, rintracciarne il proprio senso o ciò che vuole mettere a fuoco e poi sceglierne i linguaggi che sono un veicolo per far passare meglio il messaggio. Il resto o c’è o non c’è, parlo della visione!

A teatro situazioni impreviste possono sempre capitare. Il 18 marzo scorso, al termine dell’ultima replica di Vestire gli ignudi, i tuoi colleghi in scena hanno voluto informare il pubblico dello stoicismo che ti ha spinto a salire nuovamente sul palco, per la seconda parte dello spettacolo, dopo il malore improvviso che ti aveva colpito nell’intervallo. Dove hai trovato la forza d’animo per gestire questa difficile situazione? E quanto è stato importante il supporto, anche psicologico, degli attori con cui stai lavorando?

Non mi era mai accaduta una cosa del genere, mi sono trovata impreparata quella sera, venivo da molti giorni di repliche e il personaggio dopo un po’ prende il sopravvento e diventa faticoso sostenerlo soprattutto a livello diaframmatico. L’emozione è stata troppa, e il fiato più corto, e giocando da Ersilia agli svenimenti alla fine del primo atto Ersilia e Vittoria si sono fuse e io sono svenuta dietro le quinte. Ho soltanto avuto il tempo di dire che stavo svenendo prima di accasciarmi per terra. Fortunatamente non avevo perso del tutto i sensi e così tra le mandorle offerte dalla giovane costumista Miriam che ringrazio pubblicamente e l’affetto dei miei colleghi sono riuscita a riprendermi! Sono stati bravissimi perché hanno saputo mantenere il self control infondendomi sicurezza e anche Aronica si è avvicinato da me e mi ha detto “Vittoria stai serena, se non stai bene non andiamo avanti” ma io non potevo accettare che la macchina si fermasse a causa mia, dovevo farcela. E cosi dopo qualche minuto in più di attesa del solito nella pausa tra primo e secondo atto mi sono alzata e ho usato il tremore alle gambe come fosse stato di Ersilia e sono entrata in scena, la ricordo come una delle repliche più intense. The show must go on!

Potresti dirci, a questo punto, qualcosa di più sulla tua formazione attoriale e sulle parti che ricordi più volentieri, tra quelle interpretate in questi anni?

Mi piace definirmi più come artista che semplicemente attrice, e questo è soprattutto dovuto alla mia formazione. Sono sempre stata molto curiosa e affine all’arte in genere, pertanto la mia formazione equivale al mio vissuto, a quello che ho visto che mi ha affascinato, alle emozioni, agli incontri, Vita insomma che è a mio parere la miglior scuola. Accanto a questo poi è sopraggiunta la danza per ben 12 anni, il canto affinato durante gli anni di studio alla scuola popolare di canto jazz, e qualche laboratorio di teatro. Tutto questo poi si è ulteriormente affinato all’Accademia Nazionale D’Arte Drammatica Silvio D’Amico dove ho avuto modo di ricevere l’insegnamento di grandi Maestri come Lorenzo Salveti, Anna Marchesini, Mario Ferrero, Giuseppe Bevilacqua, Arturo Cirillo, Monica Vannucchi e tanti altri potrei citarne ancora, ma mi dilungherei, in ultimo il laboratorio al Santa Cristina con Luca Ronconi. Ma ci sono anche state le esperienze con i colleghi di lavoro, i giovani registi incontrati… la vera scuola è comunque il palcoscenico, soltanto lì tutto si materializza e prende forma, dopo aver affinato la tecnica. Volendo però dirla tutta ho anche frequentato l’Università in Arti e Scienze dello Spettacolo con indirizzo digitale alla Sapienza, prima di entrare in Accademia, e anche questo è servito ad avvicinarmi a tutta la sfera dell’innovazione, alla commistione dei linguaggi, alla video arte, al montaggio, alla produzione del suono…belle cose insomma!

Quali sono, per finire, gli impegni e i progetti che prossimamente ti attendono?

Con Vestire gli ignudi saremo ancora in scena fino al 15 aprile al Teatro al Massimo a Palermo, e a seguire il 22 ad Enna, poi ci saluteremo per un po’. Come accade tutte le volte, vivo la separazione da questo fantastico gruppo di colleghi come un lutto quindi, mi godo gli ultimi istanti senza pensare al domani ma ho molti progetti in mente che vorrei realizzare come produttrice e regista. Sto lavorando su ELEKTRA di Hofmansthal, alla distribuzione dei miei spettacoli recenti METAMORFOSYS e SOGNO (MA FORSE NO), ma anche a un progetto di Video Arte, a un’idea per una serie di opere e altro ancora. Comincio però a essere scaramantica e quindi preferisco attendere che i miei desideri si realizzino prima di renderli noti.

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