Intervista ad Antonio Zavatteri

antonio zavatteri
Antonio Zavatteri è un attore di cinema e teatro. Dopo aver studiato recitazione presso il Teatro Stabile di Genova, Zavatteri inizia a calcare le scene dei teatri italiani, dividendosi durante il suo percorso lavorativo anche con impegni cinematografici e televisivi. Collabora con Maria Sole Tognazzi, Nanni Moretti, Gabriele Muccino, Francesca Comencini e partecipa anche alle riprese di Zoolander 2 di Ben Stiller. Da attore di teatro ha lavorato con registi quali Benno Besson, Alfredo Arias, Marco Sciaccaluga, Andrea De Rosa, Luca Ronconi, Matthias Langhoff.

antonio zavatteriDal 3 all’8 novembre sei stato il protagonista del “Cyrano De Bergerac” di Edmond Rostand, sul palco del Teatro Parioli Peppino De Filippo. Come ti senti nei panni del Cyrano? Ti rispecchia oppure no?
Affrontare e confrontarsi con un personaggio per un attore significa necessariamente comprenderne e giustificarne completamente il pensiero e le azioni.

Una delle più importanti acting coach americane, Susan Batson, afferma in uno dei suoi scritti:

Penso che il modo in cui gli attori e i personaggi si incontrano derivi da una serie di coincidenze fortunate’.

Ecco, credo profondamente in questa affermazione e in questo caso corrisponde in modo limpido.

Con questo non voglio dire un’idiozia tipo: ‘Mi sento Cyrano’, ma l’incontro è stato frutto di una coincidenza fortunata.
Cyrano è il simbolo del libero pensiero, della volontà di non uniformarsi, ma non come desiderio formale di sentirsi diversi, ma come necessità irrefrenabile.

Altra caratteristica evidente di De Bergerac è quella di essere un grande eroe militare, un guerriero imbattibile e un supereroe della creazione poetica di immagini verbali ma che contrastano violentemente con una incapacità totale di relazionarsi con la donna amata.
Questa sua debolezza e la frustrazione che ne deriva è l’aspetto che più mi attrae.

Dal 21 novembre sarai il regista di Le prénom (Cena tra amici) al Teatro Duse di Genova. Raccontaci di questo spettacolo.
Le Prénom è una commedia strepitosa, scritta meravigliosamente e di grande fascino per il pubblico (il film francese che in Italia è stato distribuito con il titolo “Cena tra amici” ha avuto un grande successo e ha moltissimi fans).

Un meccanismo comico estremamente preciso ed efficace, ma il mio tentativo è quello di non appoggiare il lavoro servendo esclusivamente l’architettura, ma voglio trattare il materiale pensando più a Cassavetes che non a certe messe in scena di Feydeau.

Racconta di una riunione famigliare fallita, come a volte lo sono le riunioni famigliari, e credo sia più interessante esplorare questo aspetto, che tutti noi riconosciamo, che non ammiccare come è solito fare molto teatro degenere.
Certo, con lo scopo finale di far comunque ridere il pubblico, altrimenti sarebbe un fallimento, (non ho intenzione di fare un lavoro di teatro di regia critica spezzando una commedia) ma semplicemente non voglio utilizzare i canali di comicità dozzinale così frequente nelle nostre sale.

Fondamentalmente faccio quello che dovrebbe fare un regista; a me uno spettacolo in cui si sforzano di dirmi quanto è divertente il testo e quanto sono comici gli attori non mi strapperebbe un sorriso, e quindi cerco di costruirne uno che mi piacerebbe vedere.

Ti trovi dunque meglio sul palco o dietro le quinte come regista?
Non saprei, sicuramente sono più abituato a recitare che non a concepire spettacoli e dirigere attori.

Recitare in teatro è la cosa che ho fatto di più negli ultimi vent’anni della mia vita e a volte devo lottare per cercare la voglia di andare in scena, anche se poi una volta cominciato lo spettacolo raramente mi accade di annoiarmi.

Pensare ad uno spettacolo come regista e quindi costruirlo e dirigere le prove per me è più doloroso e fonte di ansia e preoccupazione, ma a lavoro avanzato, se e quando vedo un risultato che mi soddisfa in qualche modo, lo trovo particolarmente esaltante.

Da gennaio 2016 invece sarai di nuovo in tournèe con l’Otello nella parte di Iago. Quanto di Iago c’è in te?
Come dicevo a proposito di Cyrano credo che non si debba mai giudicare un personaggio nella ricerca della creazione, e Jago è una creatura di Shakespeare particolarmente nera e negativa, da alcuni definita addirittura demoniaca, quindi è facile cadere nella tentazione e nell’errore di attribuirgli colpe e comportamenti evidentemente ed esteriormente da ‘villaine’.

Detto questo e tornando alla domanda, nella ricerca di una corrispondenza delle spinte che ha Jago nel commettere tutte quelle azioni profondamente malvagie, non è molto bello confessarlo, ma non ho fatto grande fatica a trovare paragoni fra me e ‘lui’.

Non voglio essere frainteso, ma capisco molto bene che cosa può essere successo a Jago per arrivare a fare quello che ha fatto e capisco molto bene come può nascere un fortissimo desiderio di distruzione fine a se stesso.

Non solo teatro ma anche cinema. Hai lavorato con Maria Sole Tognazzi, Nanni Moretti, Francesca Comencini e molti altri. Quale esperienza cinematografica ricordi con piacere?
Purtroppo non ho ancora avuto molte e grosse esperienze nel cinema, o almeno non quante ne vorrei avere avute, ma per fortuna ho incontrato alcune persone fra le migliori che potessi incontrare, soprattutto quelle che hai citato.

Per motivi diversi sono stato felice di collaborare con ciascun di loro e Francesca Comencini l’ho incontrata anche sul set di Gomorra (forse la mia esperienza più importante e corposa).

Anche in tv devo dire di essere stato particolarmente fortunato, avendo avuto la possibilità di lavorare con registi come Giuseppe Gagliardi, Lucio Pellegrini, e in opere prime come Banana di Andrea Jublin e Pecore in Erba di Alberto Caviglia.
Certo, di Moretti mi sono innamorato.

Hai partecipato inoltre in “Zoolander 2“, il sequel del film cult di Ben Stiller. Raccontaci questa esperienza.
Esperienza strana quella di Zoolander.
Avevo fatto un provino per una parte abbastanza presente e importante che poi penso sia stata assegnata ad un attore italiano famoso, però è stato molto bello sia il primo con la casting director che il secondo con Stiller.

Sono stato scelto per una parte molto piccola ma è stato comunque emozionante trovarmi a lavorare su un set gigantesco come quello e quando ho dovuto girare la prima scena di fronte a icone come Penelope Cruz, Owen Wilson e lo stesso Ben Stiller mi sono cristallizzato per il primo quarto d’ora.
L’ambiente oltretutto non era certo particolarmente rilassato, il contrario di quello che si potrebbe pensare di un set di una commedia come Zoolander.

Abbiamo avuto modo di vederti anche in “Gomorra”, la serie tv. Cosa ne pensi del filone produttivo delle serie tv?
Le serie Tv, come tutti sanno, hanno avuto negli ultimi anni, forse da Lost e 24, un’esplosione produttiva clamorosa. Sono diventate uno degli argomenti più presenti nelle conversazioni fra conoscenti. Sono molto contento che questo sia avvenuto, in primo luogo sono un fruitore, blando ma lo sono, e poi sono prodotti che spesso hanno un grosso valore creativo, checché ne dicano i cinefili che snobbano e ritengono le serie tv un sottoprodotto becero.

In Italia abbiamo avuto il fenomeno Gomorra, di cui sono orgoglioso di aver fatto parte, preceduto da Romanzo Criminale, con un successo commerciale e qualitativo senza precedenti.

Altri tentativi sono stati fatti sulle reti nazionali, come Non Uccidere, che hanno una grossa qualità estetica di scrittura e di interpretazione ma che purtroppo fanno più fatica.

Non lo so, probabilmente le persone devono abituarsi e spogliarsi dei preconcetti verso le produzioni nostrane.
Di una cosa sono abbastanza certo, la soluzione del successo sta nelle storie e nella qualità, non nei ‘nomi’ che formano il cast; certo detto da me può risultare una affermazione di comodo ma ci credo fermamente.

Sono un grande appassionato di Les Revenent e di una commedia sconosciuta ai più che si chiama Eastbound & Down.

Il Teatro comunque sembra sia il tuo miglior habitat dove esprimi al meglio la tua passione e talento.
Con chi ti piacerebbe collaborare? O quale spettacolo vorresti portare sul palcoscenico?
Il teatro è ormai un po’ casa mia, è anche per questo che esprimo meglio il mio talento; vi ho trovato una specie di relax, che è l’ingrediente principale e fondamentale della qualità di un attore. Vorrei raggiungere lo stesso grado di relax anche davanti alla macchina da presa, e sto lavorando duramente per raggiungere questo risultato.

In teatro ho avuto la fortuna di lavorare con moltissimi bravi registi e attori, ma se cerco di rispondere in modo immediato ed istintivo alla domanda ecco, fra quelli con cui non ho mai lavorato vorrei collaborare con Lino Musella; fra quelli con cui ho già lavorato vorrei collaborare ancora con Valerio Binasco e con Matthias Langhoff; lo spettacolo che vorrei portare in scena come regista è Il Giardino dei Ciliegi.

A cosa stai lavorando in questo momento?
Sto lavorando alla ripresa di Cyrano, al debutto di Le Prénom, all’ Otello con la regia di Carlo Sciaccaluga con Filippo Dini e sto cercando di lavorare molto su me stesso.

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