IRON MAIDEN IN QUANTITA’

"The book of souls" dura 92 minuti

IRON MAIDEN – THE BOOK OF SOULS – PARLOPHONE – 2015

Formazione: Bruce Dickinson – voce; Adrian Smith – chitarra; Dave Murray – chitarra; Janick Gers – chitarra; Steve Harris – basso; Nicko McBrain – batteria

Produzione: Kevin Shirley & Steve Harris

Titoli: 1 – If eternity should fail; 2 – Speed of light; 3 – The great unknown; 4 – The red & the black; 5 – When the river runs deep; 6 – The book of souls; 7 – Death of glory; 8 – Shadows of the valley; 9 – Tears of a clown; 10 – The man of sorrows; 11 – Empire of the cloudsThe book of souls 1

 

Dopo cinque anni da The final frontier rieccoli gli Iron Maiden, imperatori ad honorem del metal.

Un disco in cui, va detto subito, i pezzi sono di alta qualità, compositiva ed esecutiva, degni del glorioso nome che gli Iron Maiden portano in giro per il mondo da 35 anni, ma pare che stavolta più che mai abbiano puntato sulla quantità.

Brani di una certa lunghezza e soprattutto l’esplorazione di atmosfere diverse al loro interno è sempre stata prerogativa dei Maiden, in special modo da Somewhere in time (1986) in poi, ma qui si superano. Parecchi pezzi superano i 10 minuti e il primato spetta alla conclusiva Empire of the clouds, 18 minuti.

Sono cambiati un po’, gli Iron Maiden, rispetto agli anni ’80, certo, dove probabilmente hanno dato un oro meglio difficilmente eguagliabile, però a me l’evoluzione sembra positiva, in quanto fruibile anche da “metallici” meno intransigenti.The book of souls 2

Diciamo comunque che un paio di episodi somigliano ai vecchi tempi, brevi ed urlati, veloci e concisi, botte metalliche piuttosto dirette: trattasi del singolo Speed of light, unico pezzo ove in conclusione l’ugola di Bruce Dickinson fa un po’ di fatica, mentre per il resto, pur elevandosi ai massimi livelli meno spesso di un tempo, regge senza cedimenti nonostanti i recenti malanni, leggasi tumori alla lingua che speriamo siano dimenticati per sempre; e poi Death or glory, forse più rapida che veloce, non so se mi spiego.

Per il resto, si diceva, accentuata al massimo la proposizione di pezzi lunghi, articolati, complessi. Tanti cambi di tempo, di ritmo, di atmosfera, chitarre che si incrociano e si sovrappongono in continuazione per le solite cavalcate, sempre con la consueta efficacia, la sapiente voce di Bruce Dickinson che conduce comunque i giochi, anche nella lunga intro dell’opener If eternuty should fail, aulica ed imponente come una condanna a morte.

The book of souls 3La stessa The book of souls si ferma improvvisamente e riparte con altra marcia dopo circa 10 minuti; ci sono un paio di pccole autocitazioni, non eccessiva quella di Death or glory che richiama Flight of Icarus, spudorata quella di Shadows of the valley che in avvio sembra proprio Wasted years, ma sono piccoli ricicli fatti con dignità, d’altronde parliamo un lavoro di 92 minuti complessivi.

Personalmente fatico un po’ a digerire The great unknown, per la mia individuale ritrosia ad apprezzare una voce, pur fenomenale come quella di Dickinson, così utilizzata per un brano lento; ma ciò non toglie che lui sia bravo come e più del solito, è solo che a mio avviso non è la sua dimensione più congeniale.

Massima epicità e grande profondità, invece, nell’infinita Empire of the clouds, 18 minuti a concludere l’album, con attacco sinfonico, piano, chitarre ed archi, progressione lenta ma incessante, un finale quasi drammatico, come a suggellare una raggiunta maturità che vada oltre il metal.The book of souls 4

Nel complesso direi un ottimo lavoro, che può posizionarsi molto in alto nella carriera del gruppo, forse un gradino al di sotto rispetto a qualche capolavoro storico ma comunque a ridosso di un ipotetico podio.

Una band che non molla. E neanche barcolla.

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