Per la prima volta gli Oblivion si mettono alla prova con un musical completamente originale. E lo fanno con un “testo sacro” nel senso letterale del termine: una Bibbia riveduta e scorretta.
Siamo in Germania nel 1455 e il tipografo Johann Gutenberg (Davide Calabrese) introduce la stampa a caratteri mobili. Sarà un fatto rivoluzionario perché da ciò si creerà l’editoria e prenderà inizio l’età moderna. Conscio della portata rivoluzionaria di questa scoperta, Gutenberg vuole scegliere un titolo destinato a sicuro successo. È a questo punto che bussa alla sua porta un signore, anzi, “Il Signore” in carne e ossa. Dio (Fabio Vagnarelli) si presenta con una sua “autobiografia” scolpita di suo pugno su lastre e pietre. Vuole che Gutenberg la stampi per farla conoscere in tutte le case del mondo e diventare così il più grande scrittore della storia. Ma la storia raccontata dal libro, secondo Gutenberg non “regge” abbastanza: i lettori hanno bisogno di altro. Così, tra infinite discussioni e tra continui bracci di ferro tra autore ed editore, nella tipografia prenderanno vita le vicende più incredibili dell’Antico e Nuovo Testamento, le parti scartate e tutta la Verità sulla Creazione del mondo finalmente nella versione senza censure. L’obiettivo di Gutenberg sarà quello di trasformare un insieme di storie scollegate e bizzarre in un vero e proprio best seller: La Bibbia.
Le musiche originali scritte da Lorenzo Scuda sono la base portante di tutto lo spettacolo. I testi sono ben scritti, ma c’è da dire che l’impianto generale risulta un po’ sotto tono se si esclude la parte iniziale del secondo atto, in cui uno strepitoso J.C. (interpretato da Scuda) canta un rap che manda in visibilio il pubblico. La scenografia è importante, emerge la riproduzione di un torchio tipografico del XV secolo e le luci e gli effetti visivi giocano un ruolo importante nella tenuta complessiva dello spettacolo. Sicuramente efficaci i costumi, realizzati da Guido Fiorato.
Il primo atto scorre tutto sul serrato braccio di ferro tra Gutenberg e Dio, ma i risultati sono un po’ sotto le aspettative visto il grande credito di cui gode la compagnia. Le trovate non appaiono geniali e il tutto viene ricondotto sulla bravura canora e musicale degli attori. I tiepidi applausi del pubblico a fine primo atto sottolineano questa accoglienza tiepida. Nel secondo atto, Dio lascia spazio a Gesù, impegnato nella sua vita social tanto da affidare la sua autobiografia a quattro ghost writers ufficiali, più qualche apocrifo. E come detto in precedenza, questa parte rappresenterà il momento più alto dello spettacolo, con un pubblico finalmente convinto della rappresentazione in scena.
Sono numerose le citazioni che si possono cogliere durante lo spettacolo (gli amanti del genere musical sicuramente avranno apprezzato): da “La Bella e la Bestia” ai balletti di “Sister Act” per citare i più famosi.
Scritto da Davide Calabrese, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli
Musiche di Lorenzo Scuda
con Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli
Una produzione AGIDI
coreografie Francesca Folloni
luci Aldo Mantovani
scene e costumi Guido Fiorato
regia Giorgio Gallione
Visto a Roma, Teatro Quirino, il 2 gennaio 2019.