Nell’ultimo anno non siamo cambiati, semmai ci siamo impantanati nella nostra visione del mondo, dimenticando la complessità delle cose.
Un adolescente non può dire di stare male in DAD, perché significa che non capisce che sono scomparse migliaia di persone; chi fa smartworking non può parlare di salute mentale, perché nonostante tutto non ha perso il lavoro.
Raccontare la propria condizione è difficilissimo, perché ci sarà sempre qualcuno che sta peggio, e ci sarà sempre chi ti dirà che non hai diritto di dire come stai, perché il tuo dolore ha meno valore.
È un ottimo metodo per allontanarci gli uni dagli altri, per non vedere che stiamo vivendo un’esperienza globale, una condizione di sofferenza psicologica, spirituale, fisica, economica, sociale, culturale.
La gara a chi sta peggio si basa su un modello gerarchico, e creare gerarchie e classifiche è il modo peggiore per uscire da un fenomeno globale che sta attaccando ogni aspetto della nostra vita.
Per questo dico che affidarsi alla musica è un’alternativa importante, che sia per viaggiare, piangere, ballare o semplicemente un modo per far correre più velocemente il tempo. La musica aiuta a guardare il tutto, l’insieme delle cose. E guardare il tutto significa non escludere le esperienze di nessuno; tutti hanno voce, ogni storia ha una dignità. La musica, ancora una volta, contribuirà ad unirci. E ci aiuterà a decifrare i dilemmi e le contraddizioni di questo tempo. Ecco perché ho scelto dieci tracce da ascoltare durante queste prime due “settimane rosse”:
Strade (feat Calcutta) – Tiromancino
Too long (gonzales version) – Daft Punk
Sheker – Darkhan Juzz
Cold feet – Tayo Sound
We’re going home – Vance Joy
Get High – Chet Faker
IDK – MOSSS
CLOUDS – Isaiah Dreads
So young – Portugal. The Man
Paraocchi – BLANCO
Antonio Alberto Di Santo