LE DONNE DI REBIBBIA COLPISCONO ANCORA

Stavolta mettono le mani nientemeno che su Shakespeare
RAMONA & GIULIETTA – Quando l’amore è un pretesto – rielaborazione Francesca Tricarico
Compagnia Le Donne del Muro Alto
Produzione Per Ananke “Officine di teatro sociale Regione Lazio 2017-2019”
Regia Francesca Tricarico
Aiuto regia Chiara Borsella
Con le attrici detenute Alessandra, Annamaria, Barbara, Bruna, Esma, Gabriella, Marilù, Nadia, Remzia, Roberta, Vincenza
Musiche Alessandra C. & Marianna Arbia
Disegno luci Massimo Gresia
Ufficio Stampa Daniela Bendoni & Erika Cofone
“Quando abbiamo fatto Medea ci siamo occupate del tema del razzismo. Con l’ultimo spettacolo, Ramona e Giulietta, abbiamo deciso di affrontare il tabù dell’amore fra donne. Da quando abbiamo iniziato a lavorare nella sezione delle detenute comuni abbiamo sentito tante volte parlare dell’amore fra donne, tra chi difendeva la libertà di amarsi tra donne in carcere e chi, invece, lo considerava un fatto vergognoso, come uno sfogo del carcere; da qui, è partita l’idea di trasformare in uno spettacolo queste visioni diverse e i commenti che sentivamo in continuazione, affinché le chiacchiere da bar diventassero chiacchiere produttive, per confrontarsi con un tema che è caldo, fuori e dentro il carcere.”
LE DONNE DEL MURO ALTO 
Il 29 maggio è andato in scena con la regia di Francesca Tricarico, dentro il carcere femminile di Rebibbia ” Ramona e Giulietta ” ispirato dalla piece di William Shakespeare, ma con qualcosa in più, una volontà a spiegare e far conoscere la realtà di come  vivono l’omosessualità  le detenute.
Sentire il cancello di un carcere chiudersi dietro le spalle è di notevole impatto emotivo, anche quando sei lì per assistere a qualcosa di artisticamente comunicativo. Il teatro della casa circondariale era sold out, vi era nell’aria un attesa mista ad emozione. Il carcere di Rebibbia è stato il primo luogo dove si è celebrata un’unione civile fra due donne, il progetto teatro è una delle iniziative che propone per riabilitare alla vita le detenute all’interno della sua struttura.
Quando è cominciato lo spettacolo una voce che intonava  un vecchio stornello romano (cantato in passato da Gabriella Ferri) ci ha sorpreso alle spalle, seguita dall’ingresso di un personaggio molto alternativo in cerca continua di dolci ed in un  susseguirsi di battute divertenti, piano piano si sono aggiunti tutti i personaggi che hanno dato vita alla storia di “Ramona e Giulietta”, che come gli originali “Romeo e Giulietta” hanno sofferto per il loro amore, per tenerlo in vita, perché quando sono due donne ad amarsi, all’interno di un carcere non tutti sono d’accordo alla loro unione e la loro storia diventa motivo di scontri, discussioni fino a portare  all’esilio di una delle due protagoniste, con conseguente sofferenza e tristezza di entrambe .
L’istituto di pena  è un mini mondo, composto in piccolo da tutto ciò che c’è fuori di quella realtà, ma spesso è vissuto con tale intensità da essere temibile sotto ogni punto di vista: si vive in totale simbiosi, con orari sospesi, in un lento ma veloce passare del tempo, che spesso si dilata fino a diventare infinito. L’amore non fa differenza di sesso, se nasce e si infiamma non sente ragioni né pregiudizi. Questi ultimi, spesso rovinano l’esistenza di chiunque ci si ritrovi a combattere, minano la vita con la volontà di piegarla a concetti e preconcetti che nulla hanno di sano e libero. Nel silenzio noi del pubblico guardavamo le attrici muoversi, parlare, cantare, mi sono trovata spesso a sorridere, emozionarmi, ed alla fine commuovermi, perché l’amore non conosce catene neppure in carcere.
Bravissime le attrici che hanno portato in scena un pezzo di vita quotidiano all’interno di una struttura di detenzione,  invitandoci a riflettere, considerando aspetti che spesso vengono ignorati perché non fanno parte del nostro vissuto giornaliero e che invece sono fonte di tristezza e dolore fuori e dentro la casa di reclusione.
Marzia Bortolotti 
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