Le idi di Marzo

Le idi di Marzo rivivono nella cornice di Cecilia Metella 

I racconti di Dioniso
Le idi di marzo

Mausoleo di Cecilia Metella
23 settembre 2022
Produzione Opificio03
Regia e drammaturgia Lorenzo De Santis
Con Davide Cherstich, Paolo de Candia, Francesco Leonardo Marchionne, Paolo Roberto Ricci, Leandro Sbrocchi, John Zotti

Intro: Liberamente ispirato al “Giulio Cesare” di William Shakespeare, rivisita il conflitto esemplare e sempre attuale tra democrazia e autoritarismo, tra repubblica e impero, e svela magistralmente la dimensione teatrale della politica, la sua retorica, la sua finzione: una grande arena della persuasione in cui la forza della parola, la simulazione e la dissimulazione forgiano i destini degli uomini.

Il weekend conclusivo della I edizione de I racconti di Dioniso, che ha portato il teatro nella cornice di Roma antica, dai parchi archeologici dell’Appia Antica e Ostia Antica sino al maestoso Mausoleo di Cecilia Metella si è aperto, proprio in quest’ultima, scenografica, location, con uno spettacolo potente e simbolico: Le idi di marzo di Lorenzo De Santis, libera rivisitazione del Giulio Cesare di William Shakespeare.

La trama è semplice e lineare: l’assassinio di Gaio Giulio Cesare in Senato il 15 marzo del 44 a.C. visto dagli occhi dei suoi protagonisti. Uno spettacolo corale, potente, con una scenografia pressoché inesistente se non quella dei ruderi del Mausoleo, per dar voce e corpo agli attori e ai loro personaggi, che seguono una coreografia che ricorda a un tempo danze tribali e la Haka della nazionale di rugby neozelandese All Blacks, col torso nudo e tatuato a contraddistinguere le parti contrapposte, Bruto/Cassio e Cesare/Marco Antonio, mentre l’indovino fa quasi da voce narrante, avvertendo, inascoltato, Cesare del pericolo delle idi di marzo. A nulla varranno consigli e raccomandazioni, senza esito il sogno premonitore della moglie Calpurnia, Giulio Cesare andrà in Senato ed incontro alla morte alle idi di marzo del 44 a.C., colpevole di aver tradito gli ideali repubblicani di Roma.

Un assassinio che il regista, il giovane e talentuoso Lorenzo De Santis, mette in scena con una trasposizione cruda, violenta, tribale, cannibalica; una morte simbolica, un rito di passaggio dalla Res Publica all’Impero che seguirà, che nemmeno la morte del primo Caesar potrà impedire. Come non lo farà il discorso in Senato di Bruto, volto a salvaguardare Roma e la democrazia contro il potere nascente del tiranno; parole che verranno rese vane dalla susseguente orazione funebre di Marco Antonio. Il resto è storia.

Ā, upane, ka upane, whiti te ra! Sbatti i piedi più forte che puoi. È la morte, È la morte! È la vita, è la vita! (HAKA)

Michela Aloisi
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