L’UTOPIA DEGLI HAWKWIND

HAWKWIND – ROAD TO UTOPIA – CHERRY RED RECORDS – 2018

Produzione Dave Brock & Mike Batt

Formazione: Dave Brock – voce, chitarra, armonica; Magnus Martin – chitarra e violino; Haz Wheaton – basso; Richard Chadwick – voce e batteria

Titoli: 1) Quark, strangeness & charm; 2) The watcher; 3) We took the wrong step years ago; 4) Flying doctor; 5) Psychic power; 6) Hymn to the sun; 7) Micro man; 8) Intro the night; 9) Down through the night

 

Da mezzo secolo esatto un bizzarro personaggio chiamato Dave Brock imperversa nel mondo del cosiddetto Space rock e con questo trentesimo (si, avete letto bene, trentesimo) album continua a divertirsi a sbalordire tutti con la sua imprevedibilità.

Non per niente gli Hawkwind hanno annoverato tra le proprie fila un certo Lemmy Kilmister, ai più conosciuto semplicemente come Lemmy, protagonista poi di una stellare carriera coi suoi Motorhead.

E a maggior ragione ama strabiliare perchè qui siamo di fronte ad un solo inedito, la bellissima strumentale Hymn to the sun, unico episodio avvicinabile agli standard del gruppo,; per il resto l’album rivisita pesantemente pezzi del repertorio Hawkwind introducendo tastiere, fiati, archi, facendo una sorta di lavoro di “depsichedelizzazione” del sound, un pò meno fantascientifico e dalle cupezze attenuate, non dico commerciali ma un pò meno di nicchia.

Intenso per qualità e quantità anche il lavoro di certe chitarre acustiche, ma il disco si apre con gli squilli di tromba (letteralmente) di Quark, strangeness & charm, seguita dall’oceano sonoro di The watcher, autore quel Lemmy di cui sopra, in cui le tastiere si fanno particolarmente magnetiche, addolcite poi dai fiati e dalle chitarre, sempre un minimo acidule e mai cristalline del tutto, come da tradizione della band. Il tocco blues gentilmente fornito da Mr. Eric Clapton mette di diritto il brano sul gradino più alto del podio.

We took the wrong step years ago perde di velocità rispetto all’originale, ma solo quella. Anche la susseguente Flying doctor si sposta più verso sonorità alla Clapton/Knopfler grazie soprattutto al lavoro chitarristico di Magnus Martin e Dave Brock, mentre la voce dello stesso Dave Brock sembra come sempre provenire da galassie inesplorate.

Gli ultimi tre brani del disco, dopo la strumentale Hymn to the sun, fanno ricorso intensamente a fiati ed archi, in cui perfettamente si incastonano la voce di Brock e le sonorità space rock tipiche della band, comprese le parti acustiche.

Un disco che, pur regalando un solo inedito, si fa ascoltare piacevolmente. Dopodichè resterà solo, per chi potrà, di vederli dal vivo, nella consueta apoteosi di colori e sogni, con tanto di orchestra al seguito.

Alessandro Tozzi

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