ANTONIO NOBILI – ORRIBIL MENTE
Regia Antonio Nobili
Regia singoli gruppi Matteo Maria Dragoni, Davide Fasano, Alessandra Bettoni, Mariella Rotondaro, Ilaria Sequino, Chiara Alivernini, Francesca Romana Ciucci, Andrea De Luca, Gabriele Olivi
Con Federico Fiordigigli, Aldo Sorrentino, Davide Fasano, Mara Enrica Recchia, Simone Carrozzo, Gabriella Adesso, Giulia Capuzzimato, Cinzia Greco, Angela Bulzomì, Rita Lo Nardo, Virginia Risso, Sara Morassut, Stefano Di Giulio, Gabriele Olivi
Teatro Sala Uno, Roma, 27 maggio 2018
Degnissima conclusione, questo Orribil mente, di un percorso durato tutta la stagione e molto ben curato da Antonio Nobili.
Un gruppo di allievi, alcuni già con qualche trascorso, altri più esordienti, ha messo in mostra quanto imparato durante un anno di impegno, e il risultato è strabiliante.
Il tema di fondo non si presenta per niente leggero: l’eterna disputa tra il bene e il male. Perchè l’uomo fa del male? qual è l’impulso che lo fa scattare? Perchè spesso la giustizia latita? Dio, o chi per lui, dov’è? Cosa fa?
Suddividendosi dunque tra vittime e carnefici, oltre a personaggi di supporto, quattordici attori hanno dato vita ad uno spettacolo non certo frivolo, ma molto denso di significati, profondo nell’interpretazione di tutti, dalle atmosfere volutamente cupe, dalla tensione continua, risultato evidentemente voluto e splendidamente ottenuto da Antonio Nobili e dai registi dei vari sottogruppi.
Una tensione stemperata solo di tanto in tanto dalle dissertazioni ideologiche tra uno psichiatra e il suo assistente (Federico Fiordigigli e Aldo Sorrentino), quelle domande esistenziali sul bene e sul male che tanto tormentano la razza umana; molto bravi nel cipiglio mostrato nei rispettivi ruoli e abili anche a chiarire il filo conduttore di tutto lo spettacolo.
Ci sono i criminali da redimere, ma difficilmente recuperabili, i serial killer interpretati magistralmente seppure in modi diversi da Simone Carrozzo, Cinzia Greco e Virginia Risso: il primo perennemente inebetito in quanto non più capace di provare emozioni, la seconda un pò più dalla parte della schizofrenia di tipo subdolo, la terza sembra piuttosto una che uccide per combattere la noia, ma tutti con un comune denominatore: un trauma o un turbamento infantile o adolescenziale irreversibile.
Poi ci sono le vittime, che esibiscono qualità diverse, ma ugualmente abili dal punto di vista drammaturgico: una mamma a dir poco severa (Rita Lo Nardo) che muore strangolata dalla figlia, con un’interpretazione anche corporea eccellente, un’incredula Angela Bulzomì, la malcapitata Gabriella Adesso, l’innocua segretaria Giulia Capuzzimato, molto espressive anche loro, così come Sara Morassut, figlia della terza serial killer.
C’è la poliziotta dai metodi spiccioli (Maria Enrica Recchia) che rende vittima perfino il serial killer, figura forse un pò a metà strada, ma di contraltare ci sono le figure che dovrebbero appartenere al cosiddetto bene, o quantomeno che cercherebbero di interpretare il senso della giustizia terrena: il sacerdote Davide Fasano, il giudice inflessibile Gabriele Olivi, l’incorruttibile avvocato d’accusa Stefano Di Giulio, tutti abilissimi a dare un tocco di alta solennità ad una trattazione già di per sè piuttosto delicata.
Insomma non sono previsti momenti di pura serenità, ma aleggia sempre sulle teste degli attori e della platea una cappa di oppressione, ben rappresentata da una scena piuttosto buia, illuminata giusto lo stretto necessario, e una sorta di labirinto tracciato sul pavimento come a rappresentare le difficili strade dell’esistenza umana, all’interno delle quali i singoli si muovono, chissà se guidati da qualcosa o qualcuno o di loro sponte.
Insomma il libero arbitrio esiste davvero o no? E’ una mano invisibile a dover raddrizzare i torti e a fare giustizia di tutto o l’uomo deve pensarci da sè? E’ questa la fantastica indagine introspettiva messa mirabilmente in scena da questo gruppo, dunque onore a tutti per la perfetta riuscita.
Alessandro Tozzi