QUINTA USCITA PER THE PROWLERS

Come tenere alta la bandiera del metal italiano

THE PROWLERS – CLOSING CIRCLE – Elevate Records – 2021

Produzione: Massimo Canfora & The Prowlers

Formazione: Fabio Michillo – voce; Massimo “Reckless Fable” Canfora – chitarre; Enrico Sandri – basso; Claudio “Dr. K” Cappabianca – batteria e voce; Massimiliano “Max” De Stefano – tastiere

Titoli: 1) Closing circle; 2) Rush hour; 3) Absolution; 4) I’ll never be (a rich man); 5) Another night; 6) Business day; 7) Liar; 8) Walter White; 9) Fight ’till the end; 10) Where is love; 11) Take on me

 

Nati come cover band degli Iron Maiden, i Prowlers hanno poi cominciato a realizzare pezzi propri, tanto da essere giunti con questo Closing circle al loro quinto album, oltre ad aver messo in curriculum partecipazioni ad importanti festival in Italia e all’estero.

Le cose vengono messe subito in chiaro nell’omonima intro Closing circle: evidente l’abilità del nuovo chitarrista Massimo “Reckless Fable” Canfora, sul sottostrato dell’incalzante batteria di Claudio “Dr. K” Cappabianca.

Dopodichè Rush hour, sempre su un tempo piuttosto forsennato, ci ricorda le qualità canore di Fabio Minchillo e rivela certe origini della band, con un interessante intermezzo prog centrale da Iron Maiden anni duemila conditi dalle tastiere di Massimiliano “Max” De Stefano, dove inve sembra di resuscitare Jon Lord.

Abbassa i ritmi la successiva Absolution, avvio sussurrato per poi lentamente risalire sulla cadenza crescente della batteria del Dr. K, come sempre metronomo e mente del gruppo, in qualità di elemento storico e principale autore, nella ritmica ben coadiuvato da Enrico Sandri al basso.

Anche Another night parte sottovoce ma poi si esibisce in vari up & down, mostrando un’ottima performance vocale finale e nuovamente le tastiere di De Stefano nell’epica parte centrale, facendosi dopo qualche passaggio un pochino più acide. Il duetto chitarra/tastiere replica con onore anche in Business day.

Ho trovato particolarmente interessanti le percussioni soft di Where is love, pezzo ammaliante con dei campanelli finali a chiudere dolcemente, dopo essere passati per l’accorata Liar e l’epica Fight ’till the end, forse l’omaggio più diretti agli Iron maiden più maturi, pur non mancando certo di personalità propria.

Chicca finale, Take on me degli A-ha, riprodotta abbastanza fedelmente ma con vere sonorità metal, su tutti il guitar solo centrale che non lascia spazio a dubbi sull’identità della band, se proprio la scelta degli A-ha dovesse sembrare strana.

Un’intelligente alternanza tra ritmi aggressivi e momenti più melodici, con qualche lampo psichedelico. Un disco e una band da venerare per gli amanti del genere, ma mai banale e che potrà deliziare chiunque.

Alessandro Tozzi

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