Sulla bocca di tutti

Continuo saliscendi di emozioni, nel bel monologo portato in scena da Angela Antonini

Roma, Teatro Porta Portese, 20 dicembre 2018

In scena Angela Antonini, monologo scritto e diretto da Federico Sartori

Luci e suono Emiliano Serafini

Date e orari:
Giovedì 20 dicembre, ore 21.00
Venerdì 21 dicembre, ore 20.30

Intro: “Sulla bocca di tutti”, concentrato in 50 minuti di pura emozione, è un monologo liberato tutto d’un fiato e gettato con sdegno, ma anche con dolcezza, in pasto al pubblico. La protagonista è un’emarginata, una donna sola, una madre che si ostina a non voler vedere la violenta realtà del figlio. La parola, colorita e dialettale, carica di espressioni improprie, è il suo rifugio, lo strumento per annullare la tragicità degli eventi che si sono mossi intorno a lei.
Un corpo a corpo tra ciò che è stato e ciò che (non) vorremmo fosse accaduto.

Era già andato in scena a novembre. Il Teatro Porta Portese lo ha ospitato nuovamente tra il 20 e il 21 dicembre. Solstiziale euforia, quindi, da parte di un pubblico che ha accolto con grande calore il bel monologo scritto da Federico Sartori e interpretato, senza lesinare emozioni, dalla brava Angela Antonini. Lei la conoscevamo da precedenti rappresentazioni sceniche, sempre di un certo spessore, sempre affrontate con notevole intensità. C’era curiosità, invece, intorno all’autore e a quale sarebbe stato il suo approccio: pare infatti che Federico Sartori si stia dedicando relativamente da poco alla scrittura teatrale, mentre il suo impegno in ambito cinefilo lo conosciamo da tempo, figurando qui in Italia tra i massimi divulgatori del verbo cinematografico iberico e latinoamericano, grazie anche agli importanti ruoli di distributore e direttore di festival da lui ricoperti. Ad ogni modo il loro incontro artistico non poteva essere migliore.

Sulla bocca di tutti è un testo che forse ci mette un po’ a carburare, ma che poi arriva con tutte le sue sfumature. Diversi i registri adottati, da quello dialettale a flebili tracce noir, dall’esistenzialismo alla commedia grottesca. Tra sguardi verso il vicinato rivolti da un’immaginaria finestra, lunghe telefonate e dettagliati resoconti di quanto avvenuto nella casa, la protagonista tira fuori, con una verve capitolina spinta al limite della caricatura, una terribile disavventura famigliare rievocata comunque con sorprendente varietà di toni. Dal suo discorso apparentemente sconnesso, ellittico ed ingenuo, che strappa più di un sorriso allo spettatore, prendono forma coordinate sempre più precise, ancorché a certi fatti si continui prevalentemente ad alludere.
La cornice rende senz’altro più vivida la storia: grazie poi alle indubbie capacità, alla stessa, notevolissima espressività facciale di Angela Antonini, pare quasi di percepire l’atmosfera circostante e le reazioni di che le sta intorno. Al telefono il modo di porsi dell’attrice, che nello stesso timbro vocale ricorda un po’ la Magnani, riecheggia almeno in parte certe figure interpretate da “Nannarella” per Rossellini, in primis ovviamente quel memorabile episodio del film L’amore ispirato a un’opera teatrale dello scrittore francese Jean Cocteau, La voce umana. Del resto, essendoci di mezzo uno col background di Federico Sartori, non deve sorprendere che si colgano qua e là ammiccamenti cinefili e soluzioni registiche di un certo tipo. A partire dall’uso estremamente calibrato ed espressivo delle luci. Dal quale si alimenta un approccio scenico tutt’altro che banale, a quel testo che nel suo continuo ondeggiare alterna situazioni più leggere a momenti di assoluta profondità.

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