REGIA: John H. Lee
GENERE: Drammatico / Bellico
CAST: Lee Jung-jae (Capitano Jang Hak-soo), Lee Bum-soo (Lim Gye-jin), Jin Se-yeon (Han Chae-sune) Liam Neeson (Generale MacArthur)
SCENEGGIATURA: Lee Man-hee
PRODUTTORE: Yang Chang-hoon
FOTOGRAFIA: Park Jang-hyuck
MONTAGGIO: Steve M. Choe, Kim Woo-hyun (C-47poststudio)
MUSICHE: Lee Dong-june
EFFETTI SPECIALI: Chung Do-ahn (DEMOLITION)
PAESE: Corea del Sud, 2016
DURATA: 111 Min
TRAMA: 25 giugno 1950, la Corea del Nord invade la Corea del Sud con l’aiuto di Cina e Russia. Seoul, capitale della Corea del Sud, cade in 3 giorni e il resto del paese a nord del fiume Nakdong, in un mese. Per rispondere all’attacco nordcoreano il Generale MacArthur, Comandante delle forze ONU, pianifica uno sbarco nella città portuale di Incheon. L’operazione, con il nome in codice di Operation Chromite, ha pochissime probabilità di successo, ma assicurarsi Incheon è l’unico modo per cambiare le sorti della guerra. Sotto la guida di MacArthur, l’unità segreta speciale X-RAY riesce a infiltrarsi nella città di Incheon, occupata dai nordcoreani, per preparare lo sbarco delle forze ONU. 7 soldati insieme al capitano Jang Hak-soo si fingono nordcoreani e cominciano a raccogliere informazioni importanti, ma quando la loro copertura salta, rimane soltanto un’ultima possibilità per condurre le forze delle Nazioni Unite a Incheon.
Non è certo una novità che in estate le distribuzioni cinematografiche nostrane si lascino andare a qualche scommessa, cercando spazio in sala per opere del tutto o parzialmente estranee alle logiche più “mainstream”. Nel caso poi di Operation Chromite un discorso del genere potrebbe suonare paradossale. Nel senso che il film diretto con indiscutibile verve da John H. Lee è di per sé un blockbuster, che in patria deve aver ottenuto riscontri anche notevoli al botteghino. E può contare per giunta sulla presenza nel cast di una star di livello internazionale come Liam Neeson. Ma stiamo pur parlando di un lungometraggio realizzato in Corea del Sud, il che da queste parti, purtroppo, rientra tra i fattori che possono generare diffidenza nel grande pubblico…
Da parte nostra, invece, le cinematografie orientali sono da sempre tra quelle che generano maggiore curiosità, finanche quando esportano un cinema non autoriale ma dal forte appeal popolare, ancorato nella fattispecie ai canoni del “war movie”. Operation Chromite di John H. Lee esprime difatti nel bene e nel male quanto siamo soliti riscontrare nei tanti prodotti autoctoni che, in questi ultimi anni, hanno provato a raccontare il conflitto tra le due coree: un solido impianto spettacolare e qualche scivolone nella retorica, quasi inevitabile considerando come tale “narrazione” viene recepita ancora oggi a Seoul e dintorni.
Il già menzionato Liam Neeson compare qui nei panni, storicamente di primo piano, del generale MacArthur. Notevole il suo carisma nell’interpretare il grande stratega. Anche se va detto che proprio alle apparizioni e alle frasi ad effetto del militare americano si legano alcuni tra i momenti più pomposi, retorici, quelli insomma che ci hanno ricordato un po’ fastidiosamente analoghe uscite presenti nei “polpettoni” di Michael Bay, per esempio.
Fortunatamente un regista come John H. Lee ha dimostrato di saper poi aggirare i limiti dello script, nonché l’enfasi derivata da determinati passi obbligati che caratterizzano il racconto, dando il giusto peso alla crudezza della messa in scena, alla costruzione adrenalinica del ritmo e a un discreto apparato citazionistico. Al centro di Operation Chromite vi è del resto una disperata, temeraria missione in territorio nemico. Romanzando quanto basta un’azione di guerra realmente avvenuta durante la Guerra di Corea, viene mostrato l’eroico sacrificio della squadra guidata dal Capitano Jang Hak-soo (interpretato a sua volta dal divo coreano Lee Jung-jae) e inviata sotto copertura nel porto di Incheon, per raccogliere informazioni utili all’attacco ormai imminente progettato da MacArthur. A parte qualche iperbole dall’esito alquanto pacchiano e ridicolo (vedi il prigioniero agganciato al volo da un aereo di passaggio) i segmenti bellici sprigionano una tensione costante, che sembra fare riferimento tanto agli stilemi dei migliori B-movies anni ’60 / ’70 (Quella sporca dozzina, et similia) che alle successive rivisitazioni tarantiniane. E qui il pensiero, visto il susseguirsi di dialoghi al vetriolo tra alti ufficiali nordcoreani e spie infiltratesi dal Sud del paese, spregiudicate operazioni “under cover”, rocamboleschi attentati ed efferate vendette, corre ovviamente a Bastardi senza gloria, memorabile incursione di Tarantino nel genere.