THE DEAD DAISIES, NUOVO DISCO A TEMPO DI RECORD

"Make some noise" l'eloquente titolo

THE DEAD DAISIES – MAKE SOME NOISE – SPITFIRE MUSIC – 2016dead1

Produzione: Marti Frederiksen

Formazione: John Corabi – voce e chitarra acustica; Doug Aldrich – chitarra; David Lowy – chitarra; Marco Mendoza – basso e cori; Brian Tichy – batteria

Titoli: 1 – Long way to go; 2 – We all fall down; 3 – Song & a prayer; 4 – Mainline; 5 – Make some noise; 6 – Fortunate son; 7 – Last time I saw the sun; 8 – Mine all mine; 9 – How does it feel; 10 – Freedom; 11 – All the same; 12 – Join together

 

Semplicemente straripante, non trovo di meglio per definire questo gruppo e questo disco.

Nati come supergruppo apparentemente destinato a qualche live e basta, i Dead Daisies, soprattutto con l’arrivo di John Corabi dietro il microfono dal secondo album, si stanno imponendo come una sicurezza per chi ama il rock & roll classico e di pochi salamelecchi.

Ora, dopo neanche un anno da Revolucion, arriva questo terzo album dall’emblematico titolo Make some noise, a mettere subito i puntini sul si bemolle: poche chiacchiere, niente fronzoli, rock & roll puro, elettrico, macinato con derivazioni talvolta punk talvolta blues, ma sempre con la voce roca di Corabi sugli scudi e i duetti chitarristici tra Dough Aldrich (Whitesnake la voce principale del suo curriculum) e David Lowy, mentre le tastiere vacanti dopo l’uscita di scena di Richard Fortus e Dizzy Reed causa reunion dei Guns & Roses non sono state rimpiazzate, e questo spiega ancor meglio il sound granitico di questo disco, che scivolerà nel vostro lettore dall’inizio alla fine senza pause e senza tentazioni di skip.

dead2La sorpresa è un ottimo livello anche compositivo, grazie anche allo zampino di Corabi stesso che in vari attacchi ricorda qualcosa dello splendido debut album degli Scream del 1991, Let it scream, che caldamente vi consiglio.

Una chitarra ruvida ma al tempo stesso fresca e frusciante (alla Ac/Dc tanto per dare un’idea) dà inizio al disco con Long way to go, poi ecco tutti gli strumenti compreso il basso incalzante di Marco Mendoza e la voce sempreverde dell’ex Motley Crue. accattivante come la successiva We all fall down, ma è con la traccia n.3, Song & a prayer, che le due chitarre si danno appuntamento per un oceano elettrico che se non uccide incanta tra riff, bridge e cori.

Mainline è un semipunk che si ricorda soprattutto grazie alla supersonica performance del batterista Brian Tichy, mentre Make some noise è il classico anthem scritto apposta per aizzare le folle.

Per il resto è tutto rock & roll d’istinto, con Last time I saw the sun a farsi strada nelle mie preferenze, ma anche le altre tracce non fanno prigionieri: nessuna pausa, nessun punto morto, grinta sempre al massimo, sound elettrico e graffi vocali garantiti.dead3

Da segnalare anche due interessanti cover, rispettate ma molto ben personalizzate: Fortunate son dei Creedence Clearwater Revival, eseguita in versione blues moderno, sempre elettrico e con i duetti chitarristici a renderla imperdibile, e Join together degli Who, rimodernata e interpretata dallo spirito Dead Daisies, ma comunque non certo avvilita.

Un disco d’impatto, non inventa nulla ma ha tutto ben fatto: il cantato, i musicisti, i pezzi, la produzione, il ritmo, la grinta. Non ci sono ballad o cali di ritmi o di attenzione, sono 45 minuti di hard rock autentico. Non c’è da meravigliarsi che i cinque stiano girando il mondo da due anni per le esibizioni live nientemeno che con i Kiss; se l’aumento del loro repertorio continua così velocemente potremmo vederli presto perfino in Italia, chissà… speriamo bene, in tempi di crisi creativa un gruppo così capace va coccolato!

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