VIETATO OLTREPASSARE LA LINEA GIALLA

Commedia dell’arte in odore di tragedia, l'emozionante spettacolo di Debora Mattiello propone il ritratto sfaccettato e agrodolce di un’Italia precipitata nell'incubo, assieme alle vittime della strage di Bologna.

Roma, Teatro Lo Spazio, 4 ottobre 2017
Spettacolo: Vietato Oltrepassare La linea Gialla
Di e con: Debora Mattiello
Regia: Giuseppe Argirò
Vincitrice premio Migliore Attrice e Corto Finalista del Concorso “Autori nel cassetto, attori sul comò” TEATRO LO SPAZIO 2017
Data unica: 4 ottobre ore 20:45

INTRO: I personaggi, come grottesche e buffe apparizioni, arrivano per partire. Si presentano, vogliono disegnare una loro biografia, lasciare un segno, prima che sia troppo tardi, prima che la vita scoppi, prima che un luogo di partenze, diventi una voragine dove fermarsi per sempre. C’è chi ha un segreto indicibile, chi non ha il coraggio, chi è malato, chi governa, chi lotta e chi ama.
Si incontrano in una grande stazione ferroviaria, al centro di un paese, l’Italia, al centro di un anno, d’estate. In una sala di aspetto di seconda classe.

La bomba esploderà nel bar alle tredici e venti.
Adesso sono appena le tredici e sedici.
Alcuni faranno in tempo a entrare,
alcuni a uscire.

Il terrorista ha già attraversato la strada.
Questa distanza lo protegge da ogni male,
e poi la vista è come al cinema

Da “Il terrorista, lui guarda” di Wislawa Szymborska

Le laceranti emozioni di Vietato oltrepassare la linea gialla avevano già fatto breccia al Teatro Lo Spazio di Roma questa estate. In pillole. Tutto nasce infatti dal Corto Finalista del Concorso “Autori nel cassetto, attori sul comò“, ivi proposto da Debora Mattiello e valsole anche il premio come Migliore Attrice. Un premio meritatissimo. Ma al tempo stesso un premio che, a nostro avviso, le andava alquanto stretto: se la polimorfica e appassionata recitazione di Debora è indubbiamente un qualcosa che spicca, ancora più giusto sarebbe stato premiarla non solo come Attrice, ma anche come Autrice. Poiché la grandezza di tale performance risiede tanto nell’interpretazione che nella finezza della scrittura.
Una grossa emozione, per la quale occorre ringraziare anche la sensibilità di chi cura il palinsesto del Teatro Lo Spazio, è stata quindi veder crescere lo spettacolo, vederlo prendere le dimensioni di un “lungo” (con la regia ora di Giuseppe Argirò), senza che ciò comportasse in scena alcuna forzatura. Nei diversi personaggi (cui nel frattempo se ne sono aggiunti altri) portati in scena dall’unica mattatrice, deliziosamente matta attrice, si è continuato a ravvisare il segno dell’essenzialità, nonché di quell’umanità profonda che turba, diverte e commuove in un vortice indefinito di emozioni. Cominciamo a definire l’epicentro dell’azione: la strage compiuta alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, qui riproposta negli imperscrutabili momenti dell’attesa, allorché i personaggi, ossia le vittime, si muovevano tra sala d’aspetto, biglietteria, binari, treni in arrivo o in partenza, del tutto ignari di ciò che sarebbe accaduto loro. Ignari, sì, tranne ovviamente coloro che una simile strage l’hanno pianificata e cinicamente portata a termine. Siamo quindi nel territorio di per sé lodevole di un teatro d’impegno civile, di un teatro politico? Anche. Perché da noi spesso un simile approccio teatrale (non diversamente da certi operazioni cinematografiche di segno affine) diventa atto dovuto. Diventa cioè rito consolidato cui assistere dalla platea con la stessa aria corrucciata, solo in parte (o per niente) partecipe, che hanno a volte le nostre cariche istituzionali, quando sono chiamate a presenziare a funerali di stato o a commemorazioni di grandi tragedie. E invece Vietato oltrepassare la linea gialla è molto di più. Si configura come puro atto creativo, nella stessa misura in cui continua ad essere ricordo, denuncia, grido disperato e accorata testimonianza di Pietas.

Dominando la scena col semplice spostarsi dalla sedia posta al centro del palco a un leggio, più defilato, Debora Mattiello dona al pubblico una serie di personaggi uno diverso dall’altro, tutti affidati a repentini cambi di voce, a posture differenti, a piccole trasformazioni nel vestiario. Si improvvisano veri e propri dialoghi tra coloro che erano presenti quel giorno alla stazione. A volte invece sono strazianti monologhi. Ma qualunque sia il personaggio rievocato, reinventato con tatto dalla camaleontica protagonista, il tono è quello di una tragicommedia in cui si può ridere di gusto di una sapida boutade umoristica e pochi secondi dopo rabbrividire, provare un groppo alla gola. Commedia dell’arte in odore di tragedia, il suo spettacolo riesce poi miracolosamente a fornire un ritratto verosimile e agrodolce dell’Italia di quegli anni, un’Italia fragile, esposta (forse come oggi?) a mire ed interessi oscuri, che anela alla vita dimenandosi teneramente sull’orlo di un precipizio. Come quei personaggi che presto salteranno in aria.

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