ALICE COOPER – PARANORMAL – EAR MUSIC – 2017
Produzione Bob Ezrin
Titoli CD1: 1) Paranormal; 2) Dead flies; 3) Fireball; 4) Paranoiac personality; 5) Fallen in love; 6) Dynamite road; 7) Private public breakdown; 8) Holy water; 9) Rats; 10) The sound of A
Titoli CD2: 1) Genuine american girl; 2) You & all of your friends; 3) No more Mr. Nice Guy; 4) Under my wheels; 5) Billion dollar babies; 6) Feed my Frankenstein; 7) Only women bleed; 8) School’s out
I rischi sono sempre alti quando un pezzo da novanta del rock, soprattutto se un pochino avanti con gli anni, esce con qualcosa di nuovo: si tratta di reggere l’inevitabile confronto con lo stesso proprio mito.
Beh, il singolo Paranoiac personality, ora possiamo dirlo, ha mantenuto le promesse: Alice Cooper c’è, eccome!
La intro dai sapori horror di Paranormal, quasi d’obbligo e con Roger Glover dei Deep Purple al basso, lascia presto spazio a brani rock d’impatto come Dead flies o Fallen in love, con un bel ritmo e un paio di ottimi guitar solos (grazie all’ospitata di un certo Billy Gibbons degli ZZTop), ma il sound è davvero quello del 1975, e non poteva essere diversamente se alla produzione è stato scomodato nientemeno che un colosso come Bob Ezrin, che non necessita d presentazioni.
A proposito di ospiti, la batteria su buona parte dei pezzi è suonata da Larry Mullen degli U2, una tribuna vip davvero interessante!
E che dire della voce filtrata che caratterizza Fireball dall’inizio alla fine? Lascia trapelare una mano tesa agli Hawkwind e una certa psichedelia. La voce del nostro regge oltre ogni più rosea previsione, anche perchè poco propensa ai toni esagitati. Rats e Holy water sono due rock abbastanza frenetici, in pieno stile Alice Cooper, e insomma alla fine dei conti soltanto un paio di brani risultano tutto sommato rinunciabili, per il resto sembra proprio un disco scritto e registrato negli anni ’70. Un ascoltatore ignaro potrebbe benissimo crederlo, tanti sono i riff incisivi, proprio come quelli di quegli anni.
Anche la conclusiva The sound of A presenta una citazione importante, i Pink Floyd, basta ascoltare lo start, poi tutta la melodia spegne dolcemente il primo disco, perfino la voce sembra ringiovanire.
Il secondo disco copre degnamente l’effetto-nostalgia, con due inediti registrati con la formazione originale, discreti ma che a mio avviso qualitativamente non valgono i migliori inediti del disco principale, e sei pezzo storici dal vivo che non fanno altro che dare conferma della forma smagliante di questo vecchietto che gioca ancora a fare il cattivo.
Alessandro Tozzi