Il Don Giovanni di Mozart è comparso per la prima volta sul palcoscenico del Metropolitan Opera House di New York nel 1883. Torna in scena nella programmazione 2016-2017 grazie a un volto non nuovo tra i direttori d’orchestra del Met, Fabio Luisi.
Con l’aiuto del librettista Lorenzo Da Ponte, Mozart recupera la storia del Don Giovanni da una prospettiva che non è né tragica né propriamente comica, ma piuttosto spensierata, ironica e urbana. Nell’arco di una notte, una giornata, e un’altra notte, seguiamo il Don Giovanni e il suo compare Leporello attraverso una serie di incontri tra il comico e il sentimentale, fino alla morte del protagonista, trascinato all’inferno dall’anima del Commendatore desiderosa di vendetta. Principalmente per le musiche, ma anche per quel suo carattere ibrido che fa ridere e lascia di stucco allo stesso momento, l’opera risulta ancora oggi una finissima analisi psicologica dell’uomo.
Nel Don Giovanni la raffinatezza musicale si unisce a espressioni drammatiche straordinarie. La famosa Aria “Fin ch’han dal vino”, cantata dal Don Giovanni nel Primo Atto, è allo stesso tempo meravigliosa e volgare: dipinge, infatti, in modo sublime l’ossessione del protagonista per il sesso. Oppure, il personaggio di Leporello è naturalmente comico nel corso di tutta l’opera, ma l’aria da lui interpretata nel primo Atto “Madamina, il catalogo è questo” è un meraviglioso esempio di equilibrio e mescolanza tra musica e parole. Questa bipolarità trova un ottimo esempio in Donna Elvira e nella sua “Mi tradì quell’alma ingrata”, dove momenti lirici legati alle pene d’amore si alternano a espressioni che celano una problematica instabilità mentale.
Diversi critici hanno più volte sostenuto che il libretto di Da Ponte sia troppo complicato e imperfetto, e che non sia all’altezza della controparte musicale. É invece importante sottolineare che il Don Giovanni è un soggetto profondamente complicato. Il mito del Don Juan è stato per molto tempo interpretato in tutte le salse: letterarie, teatrali, musicali, filosofiche e popolari, ognuna con una prospettiva diversa e ognuna in grado di mostrare nuovi dettagli. “Per questa ragione, forse più che per qualsiasi altra opera, il Don Giovanni cambia profondamente in base alla produzione che la (e)segue. Non importa quante volte la si guardi, non la si conosce mai abbastanza.” Commenta così quest’opera il direttore responsabile della Metropolitan Opera House, Jay Goodwin. Come dargli torto.