E’ TORNATA LA VERA SKIN?

Il disco post-X factor

SKUNK ANANSIE – ANARCHYTECTURE – CAROSELLO RECORDS – 2016Anarchytecture 1

Produzione: Skin & Tom Dalgety

Formazione: Skin – voce; Ace – chitarre; Cass Lewis – basso e tastiere; Mark Richardson – batteria

Titoli: 1 – Love someone else; 2 – Victim; 3 – Beauty is your curse; 4 – Death to the lovers; 5 – In the back room; 6 – Bullets; 7 – That sinking feeling; 8 – Without you; 9 – Suckers!; 10 – We are the flames; 11 – I’ll let you down

 

L’avvio acido dell’opener Love someone else è molto illusorio, sembra di rivivere i primi Skunk Anansie o i primi Gossip, ma in pochi attimi poi si capisce che il fuoco dentro degli Skunk Anansie si è parecchio ammosciato, pur rimanendo il pezzo buono.

Il fatto è che è seguito dall’insulsa Victim, ballad che potrebbe essere sopportabile se non fosse distesa su di un tappeto elettronico, troppo ovattato per non disturbare. Anche Death to the lovers, troppo lagnosa, neanche la voce di Skin, fantastica come sempre, basta ad avvicinarla alla sufficienza. Stavolta bocciata tutta la parte ballad-melodica dell’album.

Anarchytecture 2Gli episodi più rockeggianti, come Beauty is your curse o Bullets, sono plausibili per un vago interesse radiofonico ma nulla più dal punto di vista creativo. La stessa intro di Bullets è un campionamento piuttosto che una vera chitarra, mah… peccato, un buon pezzo, poteva essere grande. Il pezzo più potente risulta essere sorprendentemente la strumentale Suckers!, aspetti l’entrata in pista della vocalist che non arriva mai, ma il brano ha un ottimo ritmo, quasi Rage Against the Machine. Ottimo l’uso dei piatti.

L’unico pezzo che potrebbe non sfigurare rispetto agli anni ’90 è In the back room, molto elettrico e melodico al tempo stesso, con Skin protagonista ma abile a lasciare spazio al resto della band, dalle chitarre di Ace passando per il basso massacrante di Cass, e anche la batteria di Mark Richardson suona più massiccia. That sinking feeling ci mette da parte sua un pò di velocità, ascoltabile ma non è abbastanza per alzare l’asticella. Discorso analogo per We are the flames, alto volume non sempre ben riposto.Anarchytecture 3

Insomma, un disco dalla copertina bruttina, e di scarso valore innovativo, l’identità Skunk Anansie è garantita dall’ugola di Skin: quella si, mantiene sempre le promesse, ma le idee, diciamolo chiaro, non sono quelle di una volta.

Quindi, venendo alla domanda espressa nel titolo, la risposta è assolutamente no, però mettiamola così: accogliamo con piacere questo disco soprattutto con la speranza che rappresenti il definitivo addio di Skin alle porcate televisive con cui ci ha “deliziato” recentemente, ma alle prossime uscite per tenere viva l’anima degli Skunk Anansie occorrerà un pò più di fantasia.

Roberta Pandolfi

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