Filippo Biagioli

Filippo Biagioli
Filippo Biagioli nasce a Pistoia nel 1975. Spinto dalla passione verso i cartoni animati inizia a dipingere t-shirt con una serie di personaggi da lui creati e continua nei 6 anni seguenti. Nello stesso periodo si appassiona ai tatuaggi, al loro disegno e alla ritualità, successivamente inizia a dipingere olio su tela. Nel 1999 conosce il Pittore Romolo Romano (con cui stringerà una grande amicizia) e il Suo Club Artisti Contemporanei. Partecipa quindi, attivamente alle loro mostre. Partecipa al Padiglione della Marginalità già Padiglione dell’Afghanistan presso la 52 Biennale d’Arte di Venezia. Nel 2012 alcune sue opere sono in mostra in Giappone e Korea, grazie all’interessamento del Nroom Artspace di Tokyo.

Filippo BiagioliMediaCaotica è la mostra che ti vedrà protagonista dall’8 Dicembre 2012 sino al 6 Gennaio 2013, per “sfidare” un pò le sorti della fine del mondo dettate dal caotico mondo dell’informazione, ove si generano talvolta “mostri”, paure o tendenze. Come nasce questa mostra?
Vivo in costante lotta con le mie paure. Questo mi ha portato negli ultimi due anni ad entrare in contatto con quella parte di web, che teorizza più volte al giorno, la fine del mondo, il cataclisma definitivo, il conflitto planetario, che ci annienterà.

Ne sono stato terrorizzato per molto tempo, finché un giorno mi sono soffermato e ho cercato di pensare con mente lucida, tenendo lontano per un momento ciò che mi attanagliava. La paura è qualcosa di angosciante, non ti fa vivere e ti insinua dubbi anche nel tuo più piccolo pensiero e desiderio, conseguentemente ti mina il futuro.

Inoltre, particolare importante: “la paura si nutre di paura”. Riuscendo ad accantonarla mi sono reso conto come tutto ciò era un vortice che ti attraeva, ti bloccava e rendeva te stesso impossibilitato a uscirne.

Mi sono reso conto leggendo i commenti ai video postati in rete, alle foto o ai link nei social network (divenuti ormai social media) come tutte queste notizie avessero un peso notevole sulle persone.

Domandarmi il perchè di tutto questo è stato naturale, soprattutto come dici tu, cercare di capire in quale modo si riescono a generare mostri, paure o tendenze; ho deciso perciò di fare questa mostra sul linguaggio e sul suo metodo di trasmissione.

Filippo BiagioliCome luogo hai scelto la “Galleria d’Arte Agorà“, Associazione Culturale di Monsummano Terme. Per quale motivo?
Sono due i motivi per cui ho fatto questa scelta.

Relativamente al luogo, Agorà è perfetto per questo tipo di mostra. Si respira un’atmosfera molto raccolta, si sviluppa su tre piani di un’antica casa. Questo mi ha dato subito la sensazione che avrebbe potuto far da specchio e materializzare l’intimità delle persone.

Come se il visitatore avesse uno sguardo privilegiato dentro se stesso, cosa che nella vita frenetica di ogni giorno ci dimentichiamo di avere.

Inoltre, Agorà è gestita da Ambra Grieco, laureata in Scienze Beni Culturali con specializzazione in Storia dell’Arte e persona dotata di una spiccata quanto vivace intelligenza. Mi ha lasciato carta bianca nella realizzazione della mostra.

La tua mostra è suddivisa attraverso vari linguaggi di comunicazione e d’arte differenti, ovvero la fotografia, le tecniche miste di disegni ed illustrazioni, le bambole, sculture e feticci ed infine stoffe. Qual è il motivo di questa scelta?
Adopero per fare “arte” qualsiasi materiale mi attragga.

Nonostante questo, utilizzo sempre il mio linguaggio analphabetico. Nel caso di questa mostra, volevo far luce su quei messaggi più o meno visibili che sono intorno a noi. Se guardiamo superficialmente le foto esposte, sono il primo a dire che non hanno niente di artistico, sembrano addirittura banali. In realtà non è così.

Ho fotografato i particolari delle città di Monsummano Terme, Montecatini Terme, Serravalle Pistoiese proprio per cercare di evidenziare ciò che spesso ci sfugge. Per esempio, la fotografia del particolare dell’intonaco rovinato sul muro, ci mostra un evidente “quadro astratto”.

Eppure nell’arco di una giornata di muri in queste condizioni ne vediamo molti, ma raramente l’occhio si sofferma su queste opere d’arte naturali. Il resto dei medium usati, ovvero tecniche miste, bambole, sculture, feticci e stoffe hanno la stessa funzione.

Filippo BiagioliCon quale linguaggio senti di esprimerti al meglio o senti particolarmente nelle tue corde?
Non c’è un linguaggio particolare.

Sento mia l’analphabetic art, con la quale cerco di parlare a chi vorrà ascoltarmi.

Di solito il desiderio di realizzare un’opera nasce già con le idee chiare relative al soggetto, dimensioni e materiale, quindi inizio di getto, con spontaneità.

Il bel catalogo che ho ricevuto, presenta una parte scritta in italiano e una parte tradotta nel linguaggio giovanile, ricca di slang ed abbreviazioni. Perché hai tenuto molto a questa scelta?
La traduzione in uno degli slangs contemporanei è veramente “tosta”!

Giacomo Bacci che ha intrapreso l’impegno di tradurre il tutto, ha fatto un gran bel lavoro. Ritenevo fosse interessante presentare il catalogo con una prova tangibile, relativa a ciò di cui stavo parlando.

Una volta stampato ho avuto la prova che quello scritto è pesante, costrittivo, claustrofobico, esattamente come il vortice di cui parlavo a inizio intervista.

Non a caso questo è uno degli slangs usati via sms o in tutte quelle situazioni dove si deve essere frenetici e bisognosi di risparmiare spazi.

Definisci la tua arte “analphabetica“: spiegaci il perché di questa tua definizione.
Jean Michel Basquiat è stato il caposcuola dell’analphabet art nata nella New York degli anni ’80. Sono sempre stato affascinato dalla sua spontaneità, immediatezza e dal suo segno grafico.

Mi sono ispirato molto a lui, ma la mia radice culturale non poteva essere la stessa. Vivo in un luogo (Serravalle Pistoiese anni 2000) che potrei definire “agli estremi”.

A contatto con la natura, con gli animali da una parte e con le fabbriche metalmeccaniche dall’altra. Mantengo però lo stesso segno istintivo, la stessa immediatezza nella realizzazione e lo stesso suo archetipo dell’arte primaria, quindi ho cambiato il nome in “analphabetic art” per definire ciò che faccio, ovvero un’arte libera, spontanea, determinata dalle sensazione del momento.

Filippo BiagioliQuando Filippo incontra l’arte?
Ho iniziato molto giovane dipingendo sulle t-shirt, spesso soggetti ispirati a tatuaggi.

L’incontro vero è proprio lo ricordo quando a causa di un incidente dovetti restare mesi fermo in casa. Era il 1997 e iniziai a sperimentare i primi dipinti su tela.

In genere, quanto impieghi nel realizzare una tua opera?
Dipende. Nel mio modo di fare arte ci sono tantissime variabili. Posso impiegare pochi minuti, come qualche mese.

Nello special modo i feticci o le terracotte rituali richiedono molto tempo. Devo trovare gli elementi naturali lungo il torrente, nei boschi, raccogliere le erbe, i fiori, preparare il legno, la pietra o la terra.

Nel caso delle terracotte poi, anche gli ossidi naturali per dipingerle.

Qual è la tua fonte di ispirazione?
Direi di getto, la natura e le persone. Alla fine però mi accorgo che è un po’ tutto ciò che mi circonda. Ho uno scambio di empatia con qualsiasi persona, oggetto, animale o pianta con cui vengo a contatto.

Questo mi porta ad avere sempre moltissime emozioni e sensazioni da cui attingere.

Il mondo quindi non finirà qui, come profetizzato dai Maya?
Il pianeta è vivo, esattamente come lo siamo noi o la natura che ci circonda. Di conseguenza è possibile che accada tutto, come non accada niente.

Il popolo Maya, ha effettuato dei calcoli matematici e ha creato questo calendario, di forma rotonda per altro. Cosa che mi suggerisce l’idea della ciclicità. Avessero voluto teorizzare una fine assoluta, l’avrebbero sviluppato il linea retta, avevano anche lo spazio necessario per realizzarlo.

Non so se i loro calcoli sono giusti, ma quello che mi infastidisce è come oggi il circo mediatico abbia alimentato la paura della gente e un calcolo matematico Maya sulla fine del ciclo dei pianeti si sia trasformato in una profezia sulla fine del mondo.

Ma “profezia” e “calcolo matematico” hanno un significato diametralmente opposto.

Oggi leggo anche “offese” o “battute” più o meno colorite verso tale popolo, spesso solo, per allentare la pressione psicologica verso tale data; i Maya magari volevano solo rendere partecipi le generazioni future di un miracolo energetico della natura.

Questo ci fa capire come una verità si può completamente stravolgere e portare a proprio vantaggio. Questo si, mette davvero ansia e dovrebbe far riflettere.

Qual è la differenza tra le Bambole Primitive e le Bambole Primitive Rituali?
La Bambola Primitiva di per sè è un feticcio “morbido” ed è realizzato con stoffa “vissuta”, per esempio recuperata da vestiti dismessi. Con elementi naturali, quali rami, frammenti di ossa, piante ed erbe recuperati dal torrente in piena, al mare o nei boschi. Anche il filo con cui le cucio è particolare, è lana vissuta che ha almeno 50 anni.

Presto molta attenzione a tutte queste particolarità relative al materiale di realizzazione, perché il risultato che desidero è una bambola che sia un feticcio che catalizzi e assorba energia, che si vada ad aggiungere a quella già contenuta in essa grazie ai materiali “usati”.

Spesso non ce ne accorgiamo, ma un semplice capo di abbigliamento, che magari usiamo spesso perché nostro preferito, passa a contatto con la nostra pelle gran parte del suo periodo di vita. Assorbe o viene attraversato da tutte quelle energie create, dagli infiniti stati emotivi / emozionali che giornalmente proviamo.

Una Bambola Primitiva Rituale è una Bambola Primitiva che è stata adoperata per un rituale, che al di là della fervida fantasia comune della società, significa semplicemente che è stata oggetto di un momento di riflessione, meditazione o omaggio.

Di per se, un oggetto non è magico e non contiene magia al suo interno. Ha invece l’importantissima funzione, se ne sei attratto, di avviarti verso quello stato di quiete, rilassatezza e sicurezza, che ti porta a poter liberare la vera forza celata in ogni individuo. Tale forza nascosta è un’energia molto potente.

Ecco perché in passato e ancora oggi, l’uso di un rituale che si ripete è fondamentale in “magia”.

Esattamente come succede ai monaci che creano mandala con sabbie colorate durante le preghiere.

Serve per sprofondare nella bellezza della propria intimità. Difatti una volta finita la preghiera il mandala viene spazzato via ed il ciclo continua di nuovo, la volta dopo.

Prossimamente esporrai anche in Giappone: dove e quando di preciso? Quali sono le tue emozioni al riguardo?
In Giappone ho esposto quest’anno grazie a Nroom Artspace di Tokyo e sempre grazie ad essa ho partecipato al BAMA, fiera dell’arte nella città di Busan, in Korea.

In terra giapponese, Nroom ha organizzato una mostra personale nel proprio spazio e successivamente ha utilizzato le mie opere per alcuni workshop d’arte per bambini in altre città. Per il prossimo anno (forse febbraio) è stata confermata una mia nuova personale in galleria. Presenterò una serie di adigrafie e un nuovo libro. Tutto questo mi regala molto entusiasmo e soddisfazione.

Nroom è strutturata in maniera consona al mio ideale di arte. E’ una casa anni ’70 circa, accoglie il visitatore e lo immerge in una atmosfera familiare, per meglio potersi gustare l’esposizione.

Per la mia mostra ed i workshop di quest’anno mi sono stati richiesti anche i Kimono analfabetici e ho realizzato una versione nipponica di Criba (Criba Noia, in italiano).

Andare a presentare ciò, nella patria del manga e del kimono è stato qualcosa più che di una semplice soddisfazione, qualcosa che non so descrivere.

In una vita precedente, chi ti sarebbe piaciuto essere?
Bella domanda. Non ci ho mai pensato.

Secondo qualcuno, oggi presto molta importanza alla spiritualità e agli affetti perché nella mia vita precedente ero una prostituta del centro Africa che sacrificò famiglia e amici per raggiungere denaro e potere.

Pensandoci un minimo, l’ignoranza, la crudeltà, la miseria fisica e spirituale di coloro che dettero il via al periodo dell’inquisizione, non l’ho mai tollerata. In una vita precedente avrei voluto essere “me” in quel periodo. Per difendere le cosiddette additate “streghe”.

Cosa vede Filippo nel suo futuro e nel futuro della Terra?
Conoscendo il mio carattere ed il mio estremismo emotivo, nel mio futuro vedo esattamente il mio presente, ovvero una grandissima nube di caos allo stato puro.

Spero sempre di riuscire ad attraversarlo. Nel futuro della Terra non lo so cosa vedo, io amo Gaia e la mia speranza è sempre la stessa, che l’Uomo impari a rispettarla o che Lei “simpaticamente” lo elimini.

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