Lo sport non è immune dalla discriminazione e dall’odio per il diverso. Oggi come ieri.
L’adozione delle leggi razziali nella Germania del Terzo Reich, ad esempio, portò all’espulsione dalle squadre nazionali di molti atleti ebrei. Ma quando, per le Olimpiadi del 1936 di Berlino, Adolf Hitler dovette dimostrare al Comitato Olimpico Internazionale (CIO) che gli ebrei non venivano esclusi a priori dalle squadre nazionali tedesche, alcuni di loro vennero prontamente reintegrati, anche per scongiurare il boicottaggio delle Olimpiadi da parte delle altre nazioni. Ed è qui che si intrecciano le storie di due donne e, poi, di un uomo e di una donna.
Uno spettacolo, in forma di reading, portato in scena da Carlotta Piraino e Fabrizio Bordignon al Teatro della Visitazione.
Campionessa di scherma, medaglia d’oro nel fioretto alle Olimpiadi del 1928, Helene Mayer venne richiamata da Hitler a gareggiare alle Olimpiadi di Berlino 1936. I tedeschi la adoravano e la chiamavano “The Golden He”. Bella, bionda, alta, atletica, prototipo femminile di razza ariana, ma ebrea da parte di padre.
Campionessa tedesca di salto in alto, nata nel 1914 da genitori ebrei, Gretel Bergmann fu prima allontanata dal suo club sportivo, poi convinta dalle autorità tedesche, a suon di minacce, a partecipare alla Olimpiadi. Tornata in Germania, le venne però proibito di allenarsi assieme al resto della squadra, nonostante avesse eguagliato il record tedesco di salto in alto. Ma a un mese all’inizio delle gare, dopo aver appreso che la squadra americana si era ormai messa in viaggio verso l’Europa (e che quindi era ormai scongiurato qualsiasi boicottaggio), venne esclusa dalla competizione e rimpiazzata da una atleta “di pura razza ariana”, Dora Ratjen, che, in realtà, era un uomo.
Helene e Dora condividono la stessa stanza. Una è ebrea, l’altra è un uomo. La Germania deve far partecipare gli atleti ebrei se vuole ospitare le Olimpiadi. La Germania vuole che i suoi atleti vincano il maggior numero di medaglie d’oro: così mette un’ebrea tra gli ariani e un uomo tra le donne.
Le due “atlete” tedesche aspettano di gareggiare per la Germania durante le olimpiadi di Berlino del 1936. Helene, sotto la maschera di filo che protegge il suo volto, ha uno sguardo calmo eppure determinato. Come finirà? Heinrich Ratjen, detto “Dora”, non si classificherà neanche tra le prime tre.
Helene Mayer, invece, detta “Golden He”, la Bionda Helene, prototipo di razza ariana, ma ebrea, arriverà seconda. Di lei, bella e fiera, restano le immagini del podio berlinese mentre allunga il braccio nel saluto nazista.
Molto brava Carlotta Piraino, attrice e autrice, ex ballerina classica, diplomata alla scuola Teatro Azione, già autrice di due monologhi sull’anoressia, “Io vengo dalle Luna” (finalista a Scenario Infanzia 2008) e “Studio per uno spettacolo divertente sull’anoressia” (vincitore, nel 2010, del “Bando Ingiusto”).
Apprezzabile anche l’attore Fabrizio Bordignon nel ruolo di Dora.
Un bel reading che dimostra, ancora una volta, come le piccole storie possano intrecciarsi alla Grande Storia.