Intervista a Giorgio Pinardi a.k.a MeVsMyself

L’uscita del nuovo album "Aiòn" ha propiziato un confronto a 360° con il talentuoso artista

Tempo fa ci siamo imbattuti in un’esperienza artistica davvero degna di nota, quella di  Giorgio Pinardi (MeVsMyself), musicista di talento votato a sperimentare attraverso la Voce particolari percorsi creativi, in cui la ricerca si fonde con retaggi antichi. Il suo ultimo album, “Ai​ò​n“, con le sue affascinanti sonorità ha rappresentato il pretesto per approfondire con lui le fonti di ispirazione e le radici stesse di tale lavoro.

Prima di entrare nel merito del pregevole album di cui abbiamo cominciato a sentir parlare circa un anno fa, Giorgio, vorremmo “interrogarti” su alcuni presupposti filosofici, culturali in senso lato, che ci hanno molto incuriosito. Questo tuo nuovo lavoro si intitola “Aiòn”, con esso sembrerebbe chiudersi una trilogia inizia nel 2015 col disco “Yggdrasill” e proseguita poi nel 2019 con “Mictlàn”. In tutti questi titoli si riflette un immaginario d’origine molto antica, fondato su differenti mitologie, su differenti tradizioni culturali.
Da dove nasce, quindi, questo tuo interesse per la Tradizione? E quali aspetti delle diverse culture da te citate t’hanno colpito più in profondità?

Ringrazio per la domanda. Ciò che mi ha sempre colpito di quello che chiamiamo Tradizione è la complessità celata dall’apparente semplicità di qualsiasi Cultura si prenda in esame. Faccio l’esempio (volutamente generico) dell’Africa. Finché ci basiamo sullo stereotipo di cosa per noi sia questo Paese, non coglieremo mai l’immenso patrimonio artistico, filosofico, culturale di un continente che è stato il motore del mondo intero, per come lo conosciamo oggi. Approfondirlo significa entrare in contatto con una ricchezza quasi dimenticata e tutta da riscoprire, qualcosa che va ben oltre l’errato e antiquato “mito del selvaggio”. Medesima sorpresa potremmo provare avvicinando una qualsiasi area del mondo, che è proprio il lavoro che sta alla base di un progetto come, ancora prima di salire sul palco o registrare un disco. Ricerca, dunque.

Reduci dall’ascolto del nuovo album, per l’appunto “Aiòn”, siamo rimasti pressoché inebriati dall’intrecciarsi di svariate sonorità. La sperimentazione continua salta all’occhio, accompagnata però in alcuni brani da una forte ritmicità, talora persino ossessiva. Come hai lavorato per approdare a un sound del genere? E in che modo intendi il legame con quel concetto della tradizione cosmologica greca, da cui trae ispirazione l’album stesso?

Gli antichi Greci godevano di una visione molto profonda del creato, grazie alla fusione di saperi più antichi del loro e di un’attenta connessione con la realtà autentica. Ho quindi trovato molto adatta al tipo di lavoro che sviluppo da diversi anni la definizione di una dimensione temporale che fosse anche metafora della scintilla divina in ognuno di noi. Pensando al loop come ad un evento sequenziale, per sua natura concepito per ripetersi, la visione filosofica greca sul Tempo mi aiuta a descrivere perfettamente un materiale sonoro che nasce dal silenzio, dall’entrare in connessione con ciò che ognuno di noi potenzialmente ha e potrebbe esprimere, trovando le chiavi giuste per farlo. Il costante ripetersi di un evento porta ad una ritmicità che diventa scansione di un tempo di ascolto non sempre coincidente con il materiale sonoro. La sfida ultima è da un lato rimanere ancorati alla Musica, dall’altro andare oltre per favorire il perdersi della mente razionale, stimolando un’intuizione profonda in chi ascolta.

Entrando sempre più nello specifico, come ti rapporti al vasto repertorio della cosiddetta “World Music” (ad esempio quali artisti inerenti a tale tendenza musicale ascolti più volentieri o possono averti ispirato) e, soprattutto, come si è sviluppato questo tuo studio così affascinante sulla voce? Vuoi parlarci ad esempio di un modello decisamente alto, in un certo senso unico, come quel Demetrio Stratos che fu anche voce degli Area?

Demetrio Stratos è e rimane un faro per la ricerca nel campo sperimentale ed espressivo della Voce. E’ un personaggio figlio di un’epoca precisa, di un contesto che è impossibile da replicare identico e questo è sia un bene che un male. Un male perché si trattava di un’epoca in cui si viveva una ricerca di stimoli e connessione di saperi unica, oltre che coraggiosa e stimolante. Un bene perché Stratos si muoveva a tentoni in un mare di incognite e informazioni che, in parte, i decenni successivi ci hanno permesso di verificare, collegare tra loro e superare. Ciò che lo rende straordinario è proprio aver colto dei collegamenti dove altri erano al suo confronto ancora all’età della Pietra. La sua lezione rimane ma necessita di una rielaborazione che sia figlia del presente e non omaggio fine a sé stesso. Per come la vedo io Stratos andrebbe insegnato a scuola, tante volte nemmeno nelle classi di Canto si conosce il suo profilo e l’impatto che ebbe a livello internazionale.
Visto che citiamo il calderone della World Music (etichetta che non amo particolarmente), posso dire che sono veramente tanti gli artisti che seguo, soprattutto quando alla ricerca di una volontà nel portare al pubblico la propria appartenenza, oppure una sentita rielaborazione personale di una cultura. Quando questo accade, so per certo di essere davanti a Musica assolutamente degna di interesse e approfondimento.

Oltre all’uso che fai della voce, dei tuoi brani colpiscono senz’altro quei campionamenti, che denotano una ricerca ampia e ricca… come ti muovi a riguardo?

MeVsMyself vede la Voce come unico e solo strumento di creazione artistica. L’uso di campionamenti quindi parte sempre e comunque dal mio suono vocale, declinato in mille forme ed espressioni (talvolta anche estreme) grazie all’impagabile lavoro di produzione in studio di registrazione di Paolo Novelli, degli studi Panidea di Alessandria. Amo quindi muovermi sempre sul confine tra una sonorità vocale pura e una deriva elettronica, dove la mia Voce può essere completamente stravolta, trasformata e completamente trasfigurata. E’ questo un tema che nel prossimo lavoro svilupperò in modo ancora più consistente e netto, per chi fosse curioso in merito.

Qual è il brano di “Aiòn” la cui genesi può rivelare la spinta più particolare, profonda, potenzialmente interessante da raccontare?

Per quanto dietro a ogni composizione (sempre nata da principi creativi legati all’improvvisazione) ci sia ogni volta una storia diversa, potrebbe essere interessante citare la nascita dell’ottava traccia del disco “aPHaSIa”. Qui, volendo spingere l’acceleratore sul piano della sperimentazione, staccandomi in modo più marcato da modelli riconoscibili, ho unito rielaborazioni elettroniche della mia Voce verso nuove frontiere di sintesi. Per quanto riguarda la base dilatata sopra cui si sviluppa il brano ho manipolato frammenti di Voce attraverso diversi software in grado di snaturarne il timbro ed aumentarne ritmicità o contenuto armonico. Per il Solo, volutamente molto astratto e atonale, ho unito campionamenti della mia Voce su diverse vocali, fuse secondo un principio generativo preciso e pensato. Il contenuto effettivo è invece stato realizzato con un processo totalmente casuale e istintivo. In pratica posso dire di aver suonato lo strumento Voce come un altro strumento, grazie alle soluzioni creative che offre la famosa fase di manipolazione in studio di registrazione. E’ stato esaltante perché quel Solo va totalmente oltre le possibilità umana della Voce, basandosi però su suoni assolutamente acustici e naturali. Un ottimo esempio di cosa intendo quando parlo di fusione acustico-elettronica del Suono, nel progetto. Anche qui mi è d’obbligo citare la grande professionalità di Paolo Novelli che sa sempre come assecondare anche le mie idee più “pazze”, durante la messa a fuoco e rielaborazione delle composizioni.

Come sono stati finora i riscontri dal vivo di “Aiòn”? E più in generale cosa si possono aspettare coloro che assistono “live” alle tue performance musicali?

Una scelta programmatica del progetto è sempre stata, da principio, quella di usare il vincolo dell’improvvisazione. Considerando che il progetto è nato dal vivo nel 2013, e il primo disco è uscito nel 2015, si può intuire come io ci tenga a stimolare me stesso e il pubblico, obbligandomi a non avere mai parti predefinite o a pensare di portare le composizioni dei dischi: non avrebbe davvero senso, oltre a limitare moltissimo la resa dal vivo, tentare di eguagliare il lavoro meticoloso fatto in studio di registrazione. Trovo molto bello invece prendermi il rischio di non avere idee, di annoiare o non trovare le chiavi giuste in base a chi ho davanti, sfruttando tutte le intuizioni che la creazione estemporanea offre, se si ha voglia e capacità di coglierne i frammenti. Posso dire che, almeno finora, i riscontri del progetto dal vivo sono stati positivi perché, anche per chi ha ascoltato bene i dischi e coglie le differenze, rimane comunque un senso di autenticità che fa capire come le due dimensioni – live e studio – in qualche modo siano connesse, quasi complementari, una a nutrire l’altra.

Per finire, come ti muovi a livello produttivo e per la diffusione della tua musica, da considerare senz’altro “di nicchia” rispetto ai gusti del grande pubblico? E in tal senso come nasce questa collaborazione con l’Associazione Culturale Alterjinga?

La diffusione di una musica particolare come la mia è complessa, come giustamente fai notare. Da un lato ci sono stati recensori che hanno colto un’anima jazz nell’attitudine del progetto, dall’altro viene considerata sperimentale, dall’altro ancora non lo è abbastanza perché comunque tenta di non perdere totalmente un certo gusto melodico, e via dicendo. Devo ringraziare l’Associazione Culturale Alterjinga perché riesce a riportare la dimensione del booking e della promozione ad una forma famigliare, senza formalismi o contratti capestro fatti di promesse impossibili da mantenere. Ciò che promettono mantengono, con tutti i limiti del caso vista la difficoltà del progetto. Grazie a loro la mia Musica è stata diffusa in diversi Paesi del Mondo, recensita a livello internazionale, trasmessa su canali radio a diffusione nazionale e ho potuto partecipare a diversi Festival e serate dal vivo. Per questo posso solo dire grazie allo staff che mi segue e mi permette di non accettare compromessi che inevitabilmente distruggerebbero questo progetto. Mi permetto di concludere con una riflessione per alcuni banale, per altri speriamo di no. Il livello tecnologico è sempre più alto, giorno dopo giorno veniamo letteralmente sommersi di nuovi tool per registrare in modo sempre più pulito, generare i suoni più incredibili, unire sonorità con un colpo di clic. Ciò su cui secondo me è necessario concentrarsi, ora più che mai, sono le idee alla base di ciò che si vuole realizzare. Se avessi avuto un produttore diverso da Paolo Novelli, avrei dovuto appiattire la mia proposta per adeguarla a non-si-sa-bene-perché standard di arrangiamento, udibilità e dinamica che avrebbero solo potuto snaturare MeVsMyself. Se avessi accettato determinate proposte di booking e promozione sarei finito a ricevere un paio di recensioni in testate minori, completamente fuori contesto e per questo inutili a far conoscere la mia Musica. Il mio consiglio e riflessione è: concentriamoci sulle idee, se vogliamo essere seguiti da qualcuno scegliamo bene chi ha esperienza nel settore che ci interessa, tentiamo di dare un contributo davvero fresco e originale alla Musica, senza pensare di piacere agli altri, realizzando un prodotto con criteri imposti da altri. Teniamo viva la curiosità, la voglia di osare, la creatività.

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