Intervista al maestro Massimiliano Caldi

Conversando col direttore d’orchestra milanese, protagonista l’11 novembre al Palladium di un entusiasmante concerto

Il cinema teatro Palladium di Roma è una storica struttura realizzata negli anni ‘20 del Novecento, posta all’entrata del quartiere della Garbatella. A un secolo di distanza è ancora un luogo dove poter apprezzare arte, cultura, spettacolo e, naturalmente, la musica declinata in tante sfaccettature diverse, grazie anche ad un calendario sempre fitto di appuntamenti.
A tal proposito, intervistiamo il maestro Massimiliano Caldi, direttore d’orchestra milanese, classe 1967, protagonista l’11 novembre di un concerto dalle interessanti peculiarità.

Maestro, come mai questo titolo insolito per la serata: “Phoenix”?

Il titolo della serata riprende direttamente il titolo del concerto per pianoforte e orchestra che viene presentato in prima esecuzione assoluta con il valente solista Roberto Prosseda alla tastiera, dove “Phoenix” sta per “Fenice”. Il compositore è Matteo Rubini, classe 1976, parmense, che ha presenziato alle prove ed è stato invitato a fine concerto sul palcoscenico a ricevere i meritatissimi applausi. Nel corso dei due movimenti di cui è costituito il brano (ovvero le “sezioni” di cui si compone una forma musicale, un po’ come gli atti di un’opera – NdR), seppure in maniera non così esplicitamente descrittiva, si evoca la vicenda del conflitto interiore tra l’identità e i condizionamenti che ne impediscono il manifestarsi attraverso il noto simbolo della Fenice, che risorge dalle proprie ceneri.

Il concerto fa parte del cosiddetto “Bruckner Project”, una serie di serate dedicate al compositore austriaco Anton Bruckner, di cui nel 2024 ricorrerà il duecentesimo anniversario della nascita. Come mai un’iniziativa dedicata a un compositore tutto sommato poco eseguito? Lei come si è avvicinato alla musica di Bruckner?

L’iniziativa nasce da un’idea di Valerio Vicari, direttore artistico di Roma Tre Orchestra, che si pone l’obiettivo di rivalutare l’opera del grande Austriaco attraverso un’operazione atta a sfatare il mito bruckneriano del compositore dalle grandi forme, dagli organici orchestrali spropositati e delle corpose dimensioni strutturali compositive.
Il Bruckner Project di Roma Tre Orchestra è stato infatti inaugurato in questa occasione con una versione della Prima Sinfonia in do minore in una versione dall’orchestrazione leggermente alleggerita, con sette strumenti a fiato in meno e con le parti ridistribuite e riarrangiate dallo stesso Matteo Rubini di cui sopra.
Alla musica di Bruckner mi avvicinai in giovane età, con grande stupore ed entusiasmo, andando ad ascoltare l’orchestra della Rai di Milano (soppressa, ahimè, nel 1992) nei celebri cicli bruckneriani diretti dal grande Lovro Von Matačić. In età più matura poi, mi trovai ad affrontare le splendide partiture della Quarta e della Settima sinfonia, dello splendido “Te Deum” (per solisti, coro e orchestra) ed ora, in questa occasione, della Prima Sinfonia.

Il teatro Palladium sembra in grado di offrire una buona selezione di appuntamenti musicali. Lei come trova attualmente la situazione concertistica italiana? Le iniziative vengono adeguatamente pubblicizzate? C’è ancora interesse da parte del pubblico per la musica classica?

In generale, mi viene da dire che si potrebbe e si dovrebbe fare di più per promuovere le iniziative musicali, per pubblicizzare i concerti e per convincere le persone a venire nei teatri e nelle sale da concerto. D’altro canto, c’è da ammettere che, a fronte di una situazione concertistica italiana molto buona, in generale, in questo specifico momento post-pandemico, l’interesse del pubblico verso la musica classica (o meglio, verso l’ascolto dal vivo) pare drasticamente scemato. Le istituzioni musicali, di conseguenza, sono ancor più in una situazione di sofferenza, aggravata dal fatto che le sovvenzioni statal-ministeriali (ad esclusione di quei cinque o sei nomi di eccellenza assoluta) sono ormai miserrime da anni.

La sua è una storia di un uomo che vive immerso nella musica fin da quando era ragazzo. Ci racconta un po’ cosa l’ha tanto affascinata di questo mondo, quali sono stati i suoi primi passi?

Matteo Rubini

I miei primi passi musicali si sono svolti al pianoforte. Strumento che scoprii da solo, all’età di 4 o 5 anni, in un pomeriggio d’estate, nella stanza semibuia di una villa lombarda. Sembra incredibile ma potrei ridisegnare perfettamente quella stanza a pianterreno, la porta-finestra socchiusa, un raggio di luce che entrava e la sagoma scura del pianoforte che sembrava messo lì apposta per farsi scoprire da me. Aprii il coperchio della tastiera, abbassai uno o due tasti e in quel momento iniziò quella sorta di simbiosi che dura tuttora. A dieci anni entrai nella classe di pianoforte principale alla Civica Scuola di Musica di Milano da cui uscii diplomato poco più di dieci anni dopo. Alla direzione d’orchestra arrivai passando dalla musica da camera quando, sui 17 anni, scoprii quanto bello e completo fosse condividere l’esperienza musicale con altri strumentisti, senza dover impazzire da solo sulla tastiera, da mattina a sera. Dunque, già prima della conclusione degli studi pianistici, intrapresi gli studi di direzione e di composizione e la carriera iniziò già a diplomi non ancora ottenuti. E poi a 32 anni arrivarono il primo premio assoluto e la medaglia d’oro al 6° Concorso Internazionale “G. Fitelberg” di Katowice (ancora adesso, unico italiano nel palmares del prestigioso concorso) che dettero un’ulteriore e determinante spinta alla mia carriera.

Lei ha diretto Roma Tre Orchestra: da quanto tempo la dirige e quali progetti ci sono per il futuro?

L’amore (che mi dicono essere ricambiato!) con questa formazione è nato a luglio del 2019, in occasione di un bellissimo ed indimenticabile concerto all’Amiata Piano Festival ed è continuata poi in svariate altre occasioni di condivisione delle quali, in primis, mi piace menzionare la lunga tournée in Puglia e in Calabria svoltasi a luglio del 2021. Per il futuro non ci sono ancora date certe ma c’è “in fieri” un bellissimo progetto che spero che prenderà forma.

Il maestro Roberto Prosseda

E’ stato soddisfatto della riuscita della serata? Tornerà a dirigere al Palladium?

È stata una serata lunga e, per certi versi, faticosa, vista la lunghezza e la varietà del programma che comprendeva anche il “Concerto per Muriel Couvreux” per pianoforte e orchestra – sempre col solista Roberto Prosseda – oltre ai due brani che abbiamo citato. Nel complesso sono soddisfatto ma è troppo presto perché io dia un giudizio obiettivo … in genere il ricordo di serate del genere va lasciato sedimentare nel tempo prima che se ne possa dare un giudizio veramente obiettivo.

Massimo Brigandì

Le foto presenti nell’intervista sono di Serena Savatonio 

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