Intervista al Maestro Luana Scavuzzo
L’Accademia della Musica di Bari ha formato, e tutt’ora forma, centinaia di allievi di tutte le età nei più disparati corsi di strumento musicale. La struttura, situata nel cuore del capoluogo pugliese, dà lavoro e dignità professionale a quasi trenta persone tra docenti e personale amministrativo, tutte accreditate professionalità del settore, collocandosi come una realtà di punta della regione. Abbiamo deciso di intervistare la sua Direttrice, il Maestro Luana Scavuzzo, pianista e didatta, nonché brillante esempio di imprenditoria al femminile, per parlarci del suo impegno sul territorio. Quel che è emerso è un articolato spaccato umano e professionale, che fornisce vari spunti di riflessione a quanti, nel nostro paese, vogliano occuparsi di cultura e formazione artistica.
Come è nato e come si è sviluppato il tuo rapporto con la musica? Quando hai capito che sarebbe potuta diventare la tua professione?
Si può dire che non ricordo momento sin dalla primissima infanzia, in cui la musica non fosse un’esigenza. Avevo i miei dischi, le mie musiche preferite. Ricordo che i miei genitori faticavano a farmi addormentare senza le mie colonne sonore. Avevamo anche un pianoforte in casa sul quale aveva studiato precedentemente una delle mie sorelle. Trascorrevo molto tempo a sperimentarne i suoni, a cercare di capirne il funzionamento, fino a quando al compimento dei 6 anni, i miei mi chiesero se mi sarebbe piaciuto prendere lezioni. All’inizio ero un po’ perplessa: in realtà volevo suonare la cornamusa!!
Ho capito che sarebbe diventata la mia professione quando ho provato in tutti i modi a evitare che lo fosse. Alla fine però, tutti gli eventi fuori e dentro di me, mi hanno prepotentemente tracciato la strada, fino a quando la scelta è stata l’unica possibile. Ed ora sono molto grata alla vita ed a me stessa per non averci mai realmente rinunciato.
Cosa vuol dire essere oggi a capo di una struttura che si occupa di formazione? Quali le responsabilità, le gioie e le inevitabili difficoltà?
Vuole dire essere disposti al cambiamento continuo, pur cercando di preservare quello in cui si crede davvero. Bisogna essere disposti a cercare di rispettare l’unicità di ognuno, di curare ed accudire i talenti, di infondere continuamente fiducia ma nello stesso tempo di sottolineare che, lo studio di uno strumento musicale richiede tanta forza di volontà e qualche sacrificio, indipendentemente da quella che sarà la professione futura. A livello gestionale ora è sicuramente più difficile. Dieci anni fa avevo una piccola realtà e potevo permettermi molti più slanci emotivi. Ora siamo letteralmente esplosi e con un esercito di allievi e 22 docenti, ad un certo punto il “taglio aziendale” è inevitabile. Per fortuna mi avvalgo di didatti eccellenti. Qualcuno di loro è con me dal principio e la reciproca fiducia, il credere in un progetto comune, mi fa essere molto fiera di loro che mi regalano gioie impagabili anche se talvolta, lo scontro è inevitabile. Di conseguenza, vedere gli allievi produrre, superare esami, vincere concorsi o semplicemente portare a termine il programma annuale è fonte di grande soddisfazione per me. Vederli crescere e fidarsi di noi giorno dopo giorno, mi dà un’imparagonabile gratificazione, nonostante la stanchezza ed i sacrifici quotidiani.
Quale pensi che sia lo stato di salute attuale della musica e della didattica musicale in Italia, sia a livello statale che privato?
Siamo indubbiamente in un periodo di svolta (tra qualche anno saprò dirti se si è trattato di svolta positiva o negativa!). Per restare in termini di paragoni medici, sicuramente è in atto un’operazione di screening e lettura dei sintomi. Non mi piace chi si ancora al passato, senza minimamente guardarsi attorno. Credo che nelle nuove generazioni ci siano grandi talenti e la maggiore accessibilità alla musica rende possibile che questi vengano notati, anche se non si proviene da strati sociali d’élite o situazioni famigliari privilegiate come magari poteva succedere in passato. Per me questa è un gran fortuna. Il rovescio della medaglia é che purtroppo ci sono troppi “improvvisatori”, troppi tuttologi che spesso fanno più danni che altro ma non credo che questo fenomeno sia legato solo alla sfera musicale.
La tua Accademia è considerata un’eccellenza sul territorio barese. Puoi parlarci delle sue attività e dei suoi progetti?
Molto volentieri. Ci occupiamo di formazione musicale per tutte le età e per tutti i livelli. I nostri fiori all’occhiello sono sicuramente la scuola di tradizione pianistica e la formazione musicale nella primissima infanzia (0-5 anni). Organizziamo anche tantissimi concerti, Masterclass, seminari di specializzazione. Ultimamente abbiamo anche inserito un progetto di musicoterapia e musica in gravidanza. In questo momento siamo in fase di elaborazione della stagione concertistica che partirà il 31 marzo. Insomma, siamo un continuo fermento.
Se dovessi rivolgerti a quanti, oggi, vogliano coltivare una carriera legata alla musica cosa ti sentiresti di dire o di consigliare loro?
Mentirei se dicessi che è una strada facile. Bisogna intanto lavorare molto e sodo, affidarsi a quello che si è scelto come maestro pur avendo sempre il coraggio delle proprie idee, essere disposti a lottare, a fare sacrifici, a fare i conti con le proprie fragilità ed infine, a godersi soddisfazioni e gioie perché, se si lavora bene, prima o poi arrivano e ti ripagano di tutto, lasciandoti anche un bel margine di sprint per il passo successivo!