Roma, Teatro Belli, 9 febbraio 2016
Di: Cinzia Spanò
Da un’idea di: Silvia Giulia Mendola
Con: Silvia Giulia Mendola (attrice) e Elena Rolla (danzatrice)
Con la collaborazione artistica per la creazione di: Vanessa Korn
Regia: Chiara Petruzzelli e Silvia Giulia Mendola
Date: dal 7 al 12 febbraio, dal martedì al sabato alle ore 21,00 – Domenica alle ore 17,30
INTRO: Gli amori impossibili, la solitudine, i rapporti superficiali , i sogni, la paura di non farcela, il desiderio di stabilità, un rapporto difficile con la propria madre… quanti di noi possono riconoscersi in questi aspetti dell’esistenza? Siamo andate alla ricerca di quei frammenti della vita di Marilyn – attraverso le biografie, i suoi scritti, le foto, le interviste – che più parlavano di noi, di noi, donne di oggi.
Festeggiare un compleanno – ispirate da quello di Mr. President – la data che si avvicina, il tempo che passa è la situazione che ci permette di raccontare una parte intima e nascosta della vita di qualunque donna.
In scena una ragazza, amante, amica, figlia, e la propria coscienza.
Due figure in una continua ricerca di un punto di incontro, per trovare l’armonia tra essere, dover essere e voler essere.
Spettacolo interessante, quello andato in scena nella seconda settimana di febbraio al Teatro Belli di Roma, anche se non completamente risolto nei suoi precari equilibri interni. La danza e la parola. La testimonianza biografica e il mito. Il ricordo accalorato e commosso, proposto/vissuto in simbiosi con certi siparietti farseschi, dal sapore quasi beckettiano. Come il lettore avrà già intuito, questo viaggio introspettivo nella personalità di Marilyn in parte ci ha coinvolto emotivamente e in parte ci ha lasciato perplessi. Ma di sicuro vi sono uno slancio e una passione encomiabili, alla radice di questa rievocazione così sofferta, intimista, della grande diva americana.
In Marilyn Mon…amour un quadretto iniziale quasi metafisico, che allude alla tragica scomparsa della protagonista, ci introduce anche al successivo e conturbante sdoppiamento della stessa. Le due bionde presenze si dividono i ruoli. Con le sue movenze sinuose e aggraziate la danzatrice Elena Rolla si protende verso una sorta di innocenza perduta, tessendo in scena valori prettamente iconici e dialogando, silente, con il turbinoso flusso di coscienza affidato invece a Silvia Giulia Mendola, attrice. Ecco, l’eccessiva verbosità della sua parte è un elemento che riesce a spiccare soltanto quando la veemenza del ricordo si attenua, quando si gioca su quei chiaroscuri pur presenti nel testo; forse perché il pathos così latino dell’attrice fatica ad amalgamarsi, a livello di immaginario condiviso, con le tonalità del discorso più anglosassoni e velatamente (auto)ironiche di una Monroe, le cui uscite pubbliche si sono sedimentate nella nostra memoria in altra maniera. Meglio allora quando le parole si intersecano con la danza. E difatti, sebbene la regia dello spettacolo non sempre riesca a sviluppare le giuste valenze ritmiche, ci sono momenti che restano poi impressi nella mente dello spettatore. Ad esempio la figura di Marylin che risponde alle domande della stampa, mentre viene bombardata dai flash dei fotografi. E ancor di più la straniante scena della vasca da bagno: questa sì una valida cesura, all’interno dello spettacolo, con la sua eleganza un po’ eterea e malinconica.