Matei Vișniec al Teatro Marconi

Dall’incontro col drammaturgo rumeno un cortocircuito di sensazioni avvolgenti e di idee forti, profonde, sotto il profilo artistico, ma soprattutto umano

.

Io cerco da sempre l’UOMO quando scrivo, ma cado sempre sulle sue contraddizioni, e sempre più spesso su un uomo onda in un mondo onda il cui avvenire è in balia delle onde
Matei Vișniec

Roma, 22 giugno 2022, Teatro Marconi

Il corredo fotografico dell’articolo è a cura di Paolo Sasso

Una sera di giugno nell’afa della capitale. Sono passate da poco le 19 e fa ancora parecchio caldo. In effetti tutto doveva aver inizio proprio alle 19, al Teatro Marconi, da parte nostra si confidava un po’ nel rituale “quarto d’ora accademico” ma non è così: imboccando in leggero ritardo il vialetto che conduce al teatro (laddove la prima parte dell’evento era prevista comunque all’aperto) osserviamo già alcuni attori impegnati in scene di vario genere. Ritrovarsi accanto gli interpreti dopo esser precipitati lì “in medias res” accentua innanzitutto quell’effetto spiazzante, straniante, che dall’evento in questione ci si poteva comunque aspettare. La stagione estiva del Teatro Marconi ha difatti preso il largo grazie a questo appuntamento di indubbio valore culturale: l’incontro con Matei Vișniec drammaturgo, scrittore e giornalista rumeno, che da diversi anni vive e lavora in Francia. Un destino, quasi superfluo rimarcarlo, comune a parecchi intellettuali della sua terra, da Emil Cioran a Eugène Ionesco, autentico pilastro a sua volta della ricerca teatrale del Novecento.

Il pubblico capitolino alla scoperta di un importante autore teatrale molto rappresentato sia in Romania che in Francia, quindi… ma al contempo è lo stesso Matei Vișniec a essersi lanciato in una scoperta, che lo lascerà infine visibilmente commosso, poiché senza che lui conoscesse i dettagli della serata (destinata a concludersi con una sua intervista sul palco) gli organizzatori hanno voluto sostanzialmente mettergli davanti uno specchio, affidando a un folto gruppo di attori spezzoni delle sue opere, alcune delle quali tradotte in italiano da poco. Una sorta di conoscenza reciproca, insomma, propiziata dall’amore per il pensiero e le espressioni artistiche di Vișniec che il folto gruppo di lavoro [MetisTeatro] guidato da Alessia Oteri, dopo averne analizzato e messo in scena i testi in ambito laboratoriale per anni, continua a dimostrare. E l’effetto qui è stato a tratti davvero emozionante.

Già dall’arrivo nel piccolo viale interno, abbiamo assistito a un susseguirsi di frammenti teatrali solo apparentemente caotico ma unito in realtà dallo stesso mood ironico, paradossale, situazionista, lunare. Case parlanti e umanizzate di migranti rumeni che le hanno fatte costruire per poi di fatto abbandonarle, continuando a lavorare all’estero. Un’automobile che dalla strada fa irruzione nel vialetto, scatenando una sarabanda degna di qualche film di Kusturica. Vecchie e logore divise a ricordare gli anni grigi di Ceaușescu. Passanti attoniti che si fermano di fronte a un corpo precipitato sul marciapiede da chissà dove. La surreale presenza di una sposa scappata dalla propria cerimonia di nozze, in una stazione ferroviaria presso la quale non transitano più treni.
L’episodicità che ci risulta essere tratto costitutivo del teatro di Matei Vișniec si riflette qui in un ardito collage, dove si è lavorato a estrarre situazioni e dialoghi particolarmente rappresentativi di una serie di opere: nella fattispecie Paparazzi, Occidental Express, Il comunismo spiegato ai malati di mente, Riccardo III non s’ha da fare. Migranti e Dello zerbino considerato dalla parte dei ricci. Alcuni titoli sono così evocativi che a leggerli si ha già l’impressione di poter immaginare l’opera. Eppure la drammaturgia di Vișniec è così ricca e fuori dall’ordinario, da rappresentare una sorpresa continua.

Nel frattempo ci si è spostati all’interno del Teatro Marconi, un sedicente riccio (eloquentemente introdotto dalla lista di titoli testé annunciata) fa capolino da dietro il sipario, alternando pose antropomorfe e movenze più selvatiche, così da accentuare quella chiave surreale già presente in diversi momenti dello spettacolo. Una deliziosa e arguta epifania. In sintonia con quella visionarietà che si sprigiona spesso e volentieri dai testi. Ma è con Il comunismo spiegato ai malati di mente che il tributo all’intellettuale rumeno, assorbendo anche la sua sconsolata e penetrante satira nei confronti del socialismo reale, acquista ulteriore slancio. Con rimandi poi in ambito teatrale (espliciti nell’altrettanto sagace, accorato Riccardo III non s’ha da fare) alla fondamentale figura di Mejerchol’d, che pure lo splendido film del russo Andrey Khrzhanovskiy, ossia Il naso o la cospirazione degli anticonformisti,, ha di recente riportato a galla.

La tragedia insita nel comunismo, così persuasivo sul piano teorico e destinato poi nella realtà storica a produrre drammi e soprusi d’ogni sorta, sarà uno degli argomenti dibattuti dal drammaturgo rumeno nel successivo incontro col pubblico, cui oltre alla già menzionata Alessia Oteri hanno partecipato il Prof. Bruno Mazzoni, tra i più rinomati traduttori dal rumeno in attività, e Daniela Di Sora editrice italiana del secondo romanzo pubblicato da Vișniec, intitolato Sindrome da panico nella Città dei Lumi. Tanti gli spunti di rilevo emersi nel corso di questa conversazione pubblica, compresa l’acuta dicotomia illustrata dall’intellettuale rumeno, al momento di descrivere il suo duplice sguardo sulla realtà e sull’umanità stessa: perché quando è il giornalista in lui a osservare le cose il giudizio sugli eventi sarà di un certo tipo, quando subentra invece l’approccio del poeta, scrittore e drammaturgo gli stessi fatti assumono contorni diversi. Affascinati dalle sue parole, abbiamo poi deciso di dare un seguito a questa prima incursione nel suo mondo: il libro cui avevamo fatto cenno prima, Sindrome da panico nella Città dei Lumi ci fa ora compagnia coi suoi eccentrici personaggi, a spasso per una Parigi talvolta vicina e talvolta assai distante dai cliché che la rappresentano nell’immaginario collettivo. Dopo aver letto i primi capitoli, siamo già dell’idea che sulla così motivata e toccante libertà creativa di Matei Vișniec sentiremo il bisogno di tornare a breve…

Written By
More from Stefano Coccia
Stabile, il corto di Luca Di Paolo
Un gran bel cammino, da RO.MENS al Molo Film Festival
Read More
0 0 votes
Article Rating
Subscribe
Notificami
guest

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

2 Commenti
Oldest
Newest Most Voted
Inline Feedbacks
View all comments
trackback

[…] penna sapiente e raffinata di Stefano Coccia il racconto della serata dedicata a Matèi Visniec, il 22 giugno.  Sul Palco, quindicinale di arte e musica e […]

trackback

[…] il drammaturgo Matéi Visniec al Teatro Marconi è “di casa”. Fortunato, lui. Lo stesso non si può dire infatti di uno […]