Ha debuttato al Teatro Studio Uno di Torpignattara il terzo capitolo della saga de “Il Nano Egidio“. Appassionante come una serie TV e dissacrante come pochi, il collettivo del Nano Egidio (Marco Ceccotti, Simona Oppedisano e Francesco Picciotti) si è conquistato un piccolo spazio tra i fenomeni di culto del teatro off romano. Tra i fan era tanta l’attesa del seguito delle prime due stagioni (“Il Nano Egidio. Una storia vera. Season One” e “Nano Egidio’s. Batman Blues”), che avevano guadagnato premi e un buon successo di pubblico e critica.
“Nano Egidio contro il male di vivere spesso incontrato” è il terzo e ultimo capitolo della trilogia incentrata sull’amicizia tra il Nano Egidio e il commissario Batman, che si trovano a lottare contro le malefatte di “The Minister”, in questo circondati da pupazzi, giocattoli, marionette, personaggi in carne e ossa e oggetti vari. Il marchio di fabbrica resta indelebile: una comicità che vaga tra il “non sense” e lo strampalato in maniera volutamente ricercata e per questo divertente, intelligente, colta.
In questo episodio, Egidio ha conquistato il potere: è diventato il Presidente del mondo fantastico e tra i suoi obiettivi c’è quella di proclamare una nuova legge contro la discriminazione: “Chi discrimina sarà punito!”. Infatti, nel mondo di fantasia le discriminazioni sono all’ordine del giorno. Come non pensare all’arrotino, ad esempio? Perché si rivolge solo alle signore discriminando i poveri mariti? Al suo fianco troviamo la Barbie svestita della dottoressa sperimentale dei primi due episodi, ora diventata “Generala Nuda”, che informa Egidio della scomparsa della divinità cristiano-cattolica conosciuta come Dio. È così che il commissario Batman, diventato prete, è costretto a indossare di nuovo i panni del detective e andare alla ricerca di Dio.
Tra le scene più esilaranti della serata, non si può non citare il raduno delle divinità. Un’accozzaglia di oggetti “semi-sacri” abilmente mossi e “parlati” da Francesco Picciotti.
Mentre nei primi due episodi si stimolava l’immaginario collettivo, i ricordi di infanzia, il citazionismo d’avanguardia, in quest’ultimo il Nano Egidio ci mostra un mondo dominato dall’ansia e dal terrore del controllo e del suo esatto contrario, l’anarchia. Un mondo in cui si è persa la fede e i “cattivi” sono molto più pericolosi perché detengono la forza e l’esclusiva dell’uso delle armi, come la terribile arma segreta del “Missil-One”.
C’è ovviamente una continuità di stile nell’arco dei tre episodi, ma in quest’ultimo si nota una maggiore presa di coscienza sulla trama e sugli snodi narrativi. Il tutto raccontato e dispiegato con la solita irrisione verso qualsiasi moda intellettuale, in cui si ridicolizza – in maniera grottesca e bonaria, si intende – i dettami preconfezionati di televisioni, giornali, cinema. Si sbeffeggia la moda dell’essere sempre dalla parte giusta, l’indignazione a comando dei troppi “je suis” di facciata. Una capacità di giocare con gli stereotipi e le frasi fatte, con il lessico e i modi di dire che ci illuminano sulla grande capacità autoriale di Marco Ceccotti.