Al Teatro 7 di Roma ho potuto assistere alla prima e ultima replica di “Derivate Depravate – Il Musical“. Certo, il titolo non fa immediatamente pensare a un musical di Broadway, ambientato in chissà quale college americano…E infatti, l’ambientazione era meno “American way of life” e più italiana, ma non per questo meno coinvolgente. Ci troviamo nel bel mezzo di un Night Club piantato nella Biblioteca della Facoltà di Ingegneria. Strano, vero? E pensare che sia l’ambientazione sia il titolo sono stati suggeriti direttamente dal pubblico la sera stessa dello spettacolo!
La compagnia de “I Bugiardini” porta in scena il frutto di anni di lavoro nel campo della improvvisazione teatrale. Pensare di realizzare un musical in cui la trama, i personaggi, le battute, le musiche, le melodie delle canzoni e, soprattutto, i testi delle canzoni sono creati sul momento, senza nessun copione e nessun canovaccio, è una sfida davvero impegnativa. Ma con “BLUE” (il nome ufficiale dello spettacolo) si dimostra che le tecniche improvvisative possono uscire dai recinti in cui sono rinchiusi e possono aspirare a guadagnare palcoscenici più importanti ed entrare nei circuiti ufficiali dei teatri, come appunto il Teatro 7, che – con Michele La Ginestra direttore artistico – ha puntato per il secondo anno consecutivo sul musical improvvisato per l’apertura della stagione teatrale.
La BLUE Band (con il direttore Fabio Pavan alle tastiere, Giacomo Dall’Ongaro al violoncello e Damiano Daniele alla batteria) accoglie il pubblico in sala con un gradevole jazz. Man mano che passano i minuti la musica diventa sempre più energica, finché non entrano in scena gli attori, tutti vestiti di blu: Fabrizio Lobello, Francesco Lancia, Emanuele Ceripa, Simona Pettinari, Fabrizio Aloisi e Cecilia Fioriti. La scenografia è essenziale, con tre casse girevoli e dei pannelli che servono di volta in volta agli attori per creare gli ambienti delle loro improvvisazioni. Le luci puntano il fondale blu rendendo tutta l’atmosfera elettrizzante.
Il primo effetto spiazzante per il pubblico è che gli attori, per iniziare lo spettacolo, chiedono un suggerimento per l’ambiente della rappresentazione. Tra le varie proposte, con un rudimentale applausometro viene scelto come luogo un night club. Ma la vittoria è proprio di un soffio sulla Biblioteca della Facoltà di Ingegneria…Quindi, al pubblico viene chiesto anche di dare un titolo allo spettacolo: stravince “Derivate Depravate”. Sarà la molla che porterà gli attori a organizzare un locale a luci rosse proprio nella facoltà di Ingegneria.
Difatti, è il Rettore che, preoccupato dal calo degli iscritti nella facoltà (“addirittura meno del DAMS!“), insieme al suo collaboratore, decide di ingaggiare due ragazze squillo per far divertire matricole e laureandi, anche allo scopo di confutare secoli e secoli di dicerie sugli ingegneri. Ovviamente si ironizza sulla incapacità dei futuri ingegneri nel rapportarsi al gentil sesso: soprattutto due studenti, dotati di un quoziente intellettivo altissimo, sembrano proiettati solo al successo professionale, in vista anche di un prestigioso concorso al MIT di Boston (“Le donne non sono numeri. E noi, se non sono numeri, non ci capiamo niente“). Ma l’incontro con le sensuali e provocanti ragazze squillo farà regredire il loro QI. Al contrario, le ragazze si dimostrano intelligenti e preparate, solo la crisi economica le ha costrette a prostituirsi per sopravvivere. In un andirivieni di situazioni e gag e in un contesto completamente ribaltato, saranno proprio i due super-geni a mettersi a disposizione delle ragazze per prepararle al famoso concorso del MIT.
Sorprende l’abilità de “I Bugiardini” di costruire una pièce teatrale a partire solo da un ambiente e da un titolo, ma ancor più suggestiva è la capacità di costruire gli snodi narrativi su musiche e canzoni improvvisate, con testi – creati sul momento – che donano un senso di compiutezza alla storia appena narrata o ancora da narrare. In mezzo a questa trama si vivono momenti divertentissimi, sketch comici improvvisati in grado di strappare diversi applausi alla platea. Nelle canzoni i protagonisti “narrano” le loro emozioni, i loro desideri, le loro paure o le loro trasformazioni. Il pubblico resta incantato dalla capacità di armonizzare queste creazioni istantanee: a volte uno sguardo, un cenno d’intesa impercettibile, svela la fatica di uno spettacolo costruito pezzo per pezzo, momento dopo momento. Una solida preparazione sulle basi dei musical insieme alle doti improvvisative degli attori rendono questo spettacolo davvero bello, capace di far dimenticare anche al pubblico più attento che di improvvisazione si tratta . Il miglior complimento per uno spettacolo di pura improvvisazione.