Roma, Teatro di documenti, 27 febbraio 2018
Regia: Paolo Orlandelli
Con: Giuseppe Alagna, Rosario Altavilla, Simone Borrelli, Tony Caporale, Elio Crifò, Ivan Giambirtone, Giuseppe Grisafi, Pietro Pace, Natale Russo
Ufficio stampa: Elisa Fantinel
Date: 27, 28 febbraio e 1° marzo ore 20 al Teatro di Documenti, Via Nicola Zabaglia 42
Intro: Va in scena al Teatro di Documenti il processo Dell’Utri, per conoscere più da vicino un pezzo alquanto significativo della storia d’Italia.
La sala più grande del Teatro di Documenti, che era stata recentemente il ponte di un battello fluviale per lo spettacolo Comunismo, addio?, si è ritrasformata per l’occasione in aula di tribunale. Con tanto di banco dei testimoni contrapposto, frontalmente, allo scranno del Pubblico Ministero, impegnato a sua volta ad incalzare un gran numero di teste, per far luce sui retroscena più torbidi di un processo che ha fatto scalpore, avendo puntato il dito con decisione sui vorticosi e nefasti intrecci tra Mafia, politica e imprenditoria: ci si sta riferendo ovviamente a quel procedimento giudiziario che ha coinvolto, tra gli altri, Marcello Dell’Utri, noto per essere stato il braccio destro di Silvio Berlusconi negli anni della sua inarrestabile ascesa.

Giunti in prossimità di una vigilia elettorale particolarmente accesa, con le elezioni del 4 marzo ormai alle porte, è normale che la giustizia sia da annoverare tra i cosiddetti “temi caldi”. Forse più inconsueto è che rappresentanti di una determinata formazione politica vengano invitati a fare brevi interventi prima che la rappresentazione abbia inizio. Se però questa lista, rispetto ad altre, pone da tempo la legalità al centro dei propri programmi, tale coinvolgimento è destinato ad acquisire un significato più alto… non è in uno spazio destinato a recensioni teatrali, tuttavia, che si può scendere nei dettagli di questo preambolo politico, anche per una questione di deontologia professionale. Per cui glissiamo pure. Facendo riferimento, semmai, all’altro intervento che ha introdotto lo spettacolo, ossia quello del regista stesso: Paolo Orlandelli, parso assai convincente nel contestualizzare gli episodi cui si fa riferimento nella rappresentazione, anche per via di un percorso artistico che lo ha spinto di frequente a porre questioni di grande rilievo politico, civico e sociale al centro del proprio teatro. Vedi ad esempio la decisione da lui annunciata di riproporre, a distanza di venti anni dai fatti, un altro testo cui aveva lavorato in passato, quello relativo alla tragedia avvenuta il 4 maggio 1998 all’interno della Città del Vaticano, nella quale persero la vita il comandante della Guardia Svizzera Pontificia Alois Estermann, sua moglie Gladys Meza Romero e il vicecaporale Cédric Tornay. Episodio gravissimo il cui reale svolgimento è ancora circondato da troppi misteri e che la giustizia vaticana ha presto liquidato con deprecabile e sospetta superficialità…

Non divaghiamo oltre. Di questo Processo Dell’Utri rievocato a teatro possiamo intanto dire che, per quanto il lavoro di selezione del tantissimo materiale relativo agli atti giudiziari possa aver evidenziato aspetti importanti della vicenda, sacrificandone al contempo altri non meno rivelatori, le due ore di intenso dibattimento in scena hanno successo nel chiarire anche allo spettatore più distratto la gravità degli episodi contestati, tutti emblematici della stretta simbiosi creatasi a partire dagli anni ‘70 tra una Mafia desiderosa di espandersi nelle regioni del nord, ed alcune figure rampanti della classe imprenditoriale e politica milanese. L’attore Elio Crifò, nei panni del magistrato Ingroia, interpella in scena una serie di testimoni chiave che vanno dal famigerato “stalliere di Arcore” a diversi pentiti siciliani, nonché ad affiliati a clan camorristici napoletani e a qualche uomo di fiducia dello stesso Berlusconi. Lo spaccato che se ne ricava è particolarmente scabroso, mortificante.
Il linguaggio spesso incline al pittoresco degli uomini di Mafia è un elemento poi che tiene desta l’attenzione del pubblico, per quanto trattandosi di uno spettacolo in due tempi di circa due ore c’è da dire anche che alcuni interpreti, più preparati sia a livello dialettico che sotto il profilo gestuale, riescono a renderne sufficientemente fluido lo scorrimento, mentre altri ne affossano un po’ il ritmo e la verosimiglianza. La materia è comunque trattata bene. E se qualcuno volesse approfondire lo spessore e la virulenza di certi legami, dopo essere stati al Teatro di Documenti per questa accurata ricostruzione processuale si consiglia di recuperare pure Belluscone – Una storia siciliana, l’intelligente film scritto, diretto e montato da Franco Maresco nel 2014.