ANNA CAPPELLI

L’intensa interpretazione di Angela De Prisco e la regia attenta di Santa de Santis, per un indimenticabile ritratto femminile

TeatroAgoràRoma, Teatro Agorà, 5 marzo 2016

Di: Annibale Ruccello

Regia: Santa de Santis

Protagonista: Angela De Prisco

Date: Dal 23 febbraio al 6 marzo 2016, martedì/sabato ore 21, domenica ore 18

Sinossi: Negli anni ’60, quelli del boom economico e della miseria morale in cui era più importante avere e apparire che essere, si sviluppa il dramma personale di una donna che, per definirsi, ha bisogno di possedere. Anna viene dalla provincia e vive in una stanza in affitto nella casa puzzolente di gatti e pesce lesso della Signora Tavernini. E’ fragile, instabile, divorata dal desiderio di possesso e in continua guerra con i genitori, le colleghe e la padrona di casa. Una giovane donna frustrata dall’assenza di stimoli emotivi ed insoddisfatta dell’anonimo lavoro di impiegata nel polveroso Comune di Latina. La sua vita è triste e solitaria. Fino a quando non incontra il ragioniere Tonino Scarpa.

AgoràIl ricco ed emancipato proprietario di una casa di dodici stanze la lusinga, la invita a uscire e le chiede di trasferirsi nella sua “reggia”. Tonino è il principe azzurro e finalmente Anna può avere qualcosa di “suo, solo suo”. Ma Tonino non la sposa, sostiene che il matrimonio è una convenzione borghese. Non le dà figli, la convince che è meglio aspettare ancora un po’. E poi, un giorno, le comunica che venderà casa e si trasferirà per lavoro in Sicilia. Senza di lei. Anna non può accettarlo, non può più rinunciare a ciò che faticosamente ha conquistato. Non può permettergli di andare via e lasciarla sola. Il dolore è straziante, insopportabile. La travolge, la trasforma. L’ombra di Anna ha il sopravvento. Tonino deve essere “suo”, a tutti i costi…

Uno spettacolo meravigliosamente al femminile è quello che ci ha accolto ai primi di marzo, nella cornice trasteverina del Teatro Agorà. In Anna Cappelli una sola protagonista in scena, l’intensa Angela De Prisco, capace di scavare nelle zone d’ombra del suo personaggio con una sensibilità rara. E a chiudere il cerchio ecco un’altra donna, Santa de Santis, la cui regia ha saputo valorizzare ulteriormente l’interpretazione e gli elementi della messa in scena, assicurando alla stessa uno spessore nel quale si scorgono stilemi del teatro novecentesco (con echi de La voce umana di Cocteau, volendo)  e suggestioni cinematografiche, in perfetta coabitazione. Del resto abbiamo avuto occasione di esplorare alcuni frammenti della carriera artistica di Santa, già così interessante, scoprendola di volta in volta nelle vesti di attrice e/o di regista, come colonna portante di commedie teatrali o come autrice di cortometraggi, votata al comico o a riflessioni di altra natura. Ne consegue che anche il nostro preambolo può giovarsi di alcune brevi note di regia, a lei “rubate” per l’occasione: ”Suoni, musiche, atmosfere noir e un suggestivo gioco di luci, che dipinge i tre quadri in cui è strutturata la messinscena, ci traghettano nel mondo di Anna in cui l’ossessione diventa causa prima di un insostenibile dolore e poi di un’inarrestabile follia.”

TeatroEcco, già nell’iniziale presentazione dello spazio dove Anna si trova a inaugurare la sua comunissima, insoddisfacente, repressa e infine fosca esperienza di vita, sembra risaltare la “vocazione” cinematografica di Santa de Santis, che tramite quel calibrato gioco di luci assicura un’impronta particolare, evocativa, a determinati elementi scenici. Da un lato l’umile appartamento dove la protagonista si trova in subaffitto. Dall’altro la macchina da scrivere, oggetto fortemente iconico, in quanto strumento dell’altrettanto modesto lavoro d’ufficio a lei assegnato. Ed è così che quei pensieri espressi da Anna tra la cucina e la stanza chiesta in affitto all’anziana, scorbutica Signora Tavernini, pur di lasciare il paesello dei suoi e poter lavorare lì, al Comune di Latina, diventano il riflesso di una società sofferente: quella del boom economico e delle sue contraddizioni, quella di un’Italietta anni ’60 che vorrebbe apparire moderna, emancipata, pur pagando ancora dazio a schemi famigliari arcaici.

Di fondo c’è tutto l’acume del testo teatrale scritto dal campano Annibale Ruccello, drammaturgo assolutamente da riscoprire, non molto tempo prima della sua tragica, prematura scomparsa. Ma poi è la straordinaria preparazione del personaggio compiuta da Angela De Prisco a nobilitare ulteriormente la riesumazione di tale testo, capace di fotografare un’epoca ma al contempo di esplorare turbamenti, nevrosi, decisamente più universali. Il lungo e impegnativo monologo dell’attrice in scena è a ben vedere un dialogo con gli altri personaggi della storia, ovvero l’arpia che le ha affittato la stanza e quell’uomo, suo collega di lavoro, che per Anna rappresenterà prima la speranza di una relazione sentimentale regolare e poi la molla di quella cocente delusione, destinata a sfociare in una folle rivalsa.

SantaDeSantisAmmirevole è soprattutto come Angela De Prisco riesca a rendere quasi tangibili queste figure assenti, accompagnando le sue battute con sguardi opportunamente direzionati, smorfie della bocca e altre forme di gestualità, tali da far percepire allo spettatore sia le presenze in questione che altri dati ambientali, verrebbe da dire persino gli odori. Perciò la partecipazione emotiva del pubblico cresce, durante lo spettacolo, fino a comprendere quelle reazioni, giustamente a metà tra il divertito e il disgustato, che è il macabro umorismo del finale a sollecitare.

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