EDUCAZIONE SIBERIANA di Nicolai Lilin

 

Titolo: educazione siberiana

Autore: Nicolai Lilin

Editore: Einaudi

Pagine: 343

Trama: Cosa significa nascere, crescere, diventare adulti in una terra di nessuno, in un posto che pare fuori dal mondo? Pochi forse hanno sentito nominare la Transnistria, regione dell’ex Urss autoproclamatasi indipendente nel 1990 ma non riconosciuta da nessuno Stato. In Transnistria, ai tempi di questa storia, la criminalità era talmente diffusa che un anno di servizio in polizia ne valeva cinque, proprio come in guerra. Nel quartiere Fiume Basso si viveva seguendo la tradizione siberiana e i ragazzi si facevano le ossa scontrandosi con gli “sbirri” o i minorenni delle altre bande. Lanciando molotov contro il distretto di polizia, magari: “Quando le vedevo attraversare il muro e sentivo le piccole esplosioni seguite dalle grida degli sbirri e dai primi segni di fumo nero che come fantastici draghi si alzavano in aria, mi veniva da piangere tanto ero felice”. La scuola della strada voleva che presto dal coltello si passasse alla pistola. “Eravamo abituati a parlare di galera come altri ragazzini parlano del servizio militare o di cosa faranno da grandi”. Ma l’apprendistato del male e del bene, per la comunità siberiana, è complesso, perché si tratta d’imparare a essere un ossimoro, cioè un “criminale onesto”. Con uno stile intenso ed espressivo, anche in virtù di una buona ma non perfetta padronanza dell’italiano, a tratti spiazzante, con una sua dimensione etica, oppure decisamente comico, Nicolai Lilin racconta un mondo incredibile, tragico, dove la ferocia e l’altruismo convivono con naturalezza.

Educazione siberiana è la storia (forse) molto romanzata della vita di un ragazzo che fin dall’infanzia impara a diventare un “criminale onesto”, un ossimoro che in realtà ha un significato molto profondo; l’onestà è caratterizzata dalla devozione religiosa e dall’osservazione delle rigide regole di comportamento della comunità criminale in questione.

La storia inizia con il protagonista bambino (ora trentenne) che racconta in prima persona la sua esperienza di vita vissuta nella comunità siberiana a Bender, che ad un certo punto nel 1938 viene deportata dalla Siberia alla Transnistria, terra di tutti e di nessuno, crocevia di traffici internazionali e di storie di uomini, e ovviamente l’intento del regime stalinista di madre Russia era quello di estirpare questa comunità criminale, ma il risultato ottenuto fu tutt’altro.

La storia raccontata nel libro è piuttosto violenta essendo la “carriera” criminale del protagonista, che inizia in tenera età; non mancano scaramucce tra adolescenti che sfociano in accoltellamenti e pestaggi violenti, non mancano gli scontri con la polizia e le trovate creative come le mini molotov lanciate contro il distretto di polizia da parte del protagonista, e ovviamente non può mancare nemmeno l’inevitabile carcere minorile, con il suo bagaglio di violenze e regole da rispettare.

Scritto con uno stile a volte un po’ colorito, in un italiano non sempre perfetto, Nicolai Lilin abita a Cuneo da soli cinque anni, il libro racconta vicende a volte un po’ troppo sopra le righe per la nostra cultura, ma perfettamente logiche per la cultura dello scrittore. Nicolai Lilin ci racconta un mondo incredibilmente violento, dove però chi infrange le regole criminali ne paga le giuste conseguenze, e dove la ferocia e l’altruismo sono due facce della stessa medaglia.

A tratti il racconto si perde nella descrizione di ricette culinarie e prelibatezze che cucina una delle zie (per esempio il pesce siluro ripieno di riso e verdure), o ancora nelle evoluzioni alate dei colombi di nonno Kuzja, o ancora nell’intreccio di legami familiari e delle relative vicende.

L’educazione siberiana è quella impartita dalla scuola dei criminali Urka Siberiani anziani, che nella comunità sono insigniti del titolo di nonni, sono loro a insegnare e trasmettere alle giovani generazioni i valori apparentemente in conflitto con quelli criminali, e cioè l’amicizia, la lealtà, la condivisione dei beni, l’amore per i disabili, che i siberiani chiamano «Voluti da Dio», e anche la cultura del tatuaggio, della pelle che racconta il destino di ognuno, a cui questo libro dedica un interessantissimo capitolo, e lo fanno raccontando storie che ricordano molto le favole in cui alla fine c’è sempre la morale.

Grazie alla narrazione piuttosto coinvolgente, a poco a poco quel mondo parallelo diviene familiare, e quasi si riescono a comprendere l’etica e le tradizioni profondamente radicate, di questa società chiusa, in cui il denaro e i mezzi materiali non hanno nessuna importanza per il singolo individuo, ma vengono utilizzati per il sostentamento dell’intera comunità; un microcosmo in cui gli unici oggetti degni di rispetto sono le armi e le icone dei santi; una sorta di mondo parallelo in cui si rispettano la religione, i bambini, i disabili, le donne e gli animali ad esclusione solo di poliziotti, banchieri e rivali, un mondo in cui i disabili, i malati di mente, perfino i miopi, vengono chiamati “Voluti da Dio”, e vengono protetti anche a costo della vita.

Questa controcultura nettamente separata dalla società che la accoglie, segue delle regole proprie tramandate attraverso le generazioni, trovo che ci siano molti punti in comune con le storie raccontate in romanzo criminale che racconta invece di vicende della mafia italiana; a Fiume Basso esistono i divieti assoluti di stupro e strozzinaggio; lo spaccio di stupefacenti, i furti e le rapine sono consentiti solo se compiuti nei confronti dello stato e dei ricchi; l’omicidio è autorizzato se giustificato da una giusta causa. L’omosessualità attiva e passiva in carcere è proibita, pena la contaminazione e di conseguenza l’espulsione dalla comunità e l’emarginazione.

Forse è riduttivo etichettare questo libro semplicemente come romanzo, perché in realtà è composto di una serie di racconti che narrano sì usi e costumi di questa singolare comunità ma anche storie di eventi tragici o episodi della vita nelle carceri e degli ospedali russi.

Durante tutta la narrazione, aleggia come un fantasma in ogni pagina di questo romanzo, a volte confondendosi, a volte alternandosi con l’ingiustizia, un termine mai pronunciato: è la summa iniuria che spesso si cela dietro ogni forma di estremismo.

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