Intervista ad Enrico Vulpiani

Il creatore di Assistants si racconta

Il 19 maggio, quando la tempesta delle elezioni europee (per restare in tema) non si era ancora abbattuta sul Vecchio Continente, Assistants 4 ha chiuso al Teatro Trastevere un breve ma intenso ciclo di spettacoli, dedicato da Enrico Vulpiani all’ingrato ruolo di assistente parlamentare e all’ancor più infausto scenario della politica italiana. Satira a volontà, insomma. E qualche riflessione dai toni agrodolci sul livello di degrado sociale cui si è progressivamente approdati. Ma sempre con un sorriso degno di Franti sulle labbra.
Visto poi che il quarto capitolo dell’effervescente format teatrale ha assunto, per l’occasione, connotazioni antologiche, ne abbiamo approfittato per interpellare l’autore ed interrogarci con lui sul senso di tale operazione…

Dato che ci conosciamo da un po’, Enrico, posso dire di averti visto all’opera, quale interprete di buffe e divertenti commedie, in alcune delle tue prime apparizioni teatrali. Da allora ho avvertito sul palco una maturazione notevole. Come si è sviluppato il tuo approccio attoriale e cosa ti ha portato ad essere anche, talvolta, autore degli spettacoli?

Caro Stefano, ti ringrazio per aver colto l’evoluzione artistica, in questi anni mi sono applicato molto, con passione e curiosità, per apprendere, attraverso le diverse esperienze di palco e gli insegnamenti di importanti artigiani del teatro, un linguaggio di scena che fosse credibile e coinvolgente, attraverso il quale poter raccontare e, soprattutto, raccontarmi chi sono, tappa essenziale della mia complessa ed ostinata crescita personale. Con il tempo ho sentito l’esigenza, l’urgenza di raccontare delle storie della società che ci circonda, delle ipocrisie e delle incongruenze che la caratterizzano, di costruire un mio teatro civile, per offrire al pubblico, tramite il paradosso, l’esasperazione ed il sarcasmo, la chiave di lettura del mondo in cui viviamo, al quale non ci possiamo certo ritenere estranei, uno specchio in cui, nostro malgrado, dobbiamo riconoscerci, una presa di coscienza della banalità del male, punto di partenza che ritengo imprescindibile per poter metterci in discussione e cambiare direzione.

Ti abbiamo seguito volentieri nel ciclo di 4 rappresentazioni teatrali ribattezzato “Assistants”, che ci ha colpito sia per l’originalità delle situazioni che per la formula così particolare, “seriale”. Come è nata questa tua idea? E come sei riuscito a concretizzarla al Teatro Trastevere, suscitando tanta curiosità nel pubblico e tra gli addetti ai lavori?

Assistants” nasce dalla mia decennale esperienza di assistente parlamentare, attraverso la quale ho potuto cogliere l’essenza del ruolo, dei diversi modi di interpretarlo, nel bene e nel male, un mondo per lo più sconosciuto, però determinante come punto di vista privilegiato per osservare il mondo istituzionale e parlamentare, troppo spesso sentito distante e considerato spaccato fra bianco o nero, invece ho ritenuto doveroso raccontare tutte le sfumature di grigio che lo circondano, che lo caratterizzano, e che si intersecano, di volta in volta all’attualità sociale, un mondo che, più di ogni altro, è un gran palcoscenico, con tutte le maschere del teatro e tanti, troppi che recitano a soggetto.

L’idea nasceva già di per se, per essere suddivisa a puntate ed il Teatro Trastevere, che ha sposato con entusiasmo il progetto, con la sua categoria “Format” ci ha offerto l’opportunità di realizzarlo e concretizzarlo in scena. Essendo un testo che non può prescindere dal raccontare l’attualità, la sfida maggiore è stata, senza dubbio, quella di dover realizzare, ogni mese, un intero spettacolo diverso, scrivendolo, montandolo e dirigendolo, operazione che sarebbe risultata impossibile senza la collaborazione, il sostegno e la disponibilità dell’intero cast.

Tra gli elementi che ci sono piaciuti di “Assistants” vi è anche una comicità insolita, fuori dagli schemi, eclettica nei toni e nell’ispirazione. Quali sono, in tal senso, i tuoi modelli? E si può forse dire che il rifiorire della satira sul web vi abbia svolto un ruolo?

Sicuramente è lo stile che mi contraddistingue da sempre, che mi rappresenta, come autore e come persona, è il mio microscopio per decifrare ciò che mi circonda. Sono lieto che la satira stia trovando nuovi spazi grazie al web ma non è stata quella ad ispirarmi, di sicuro, invece, c’è l’influenza di autori come Stefano Benni, Daniel Pennac, Mel Brooks e i Monty Python, ma anche Beckett, Pinter, Ionesco, Kafka, Gogol e Dostoevskij.

Il clima caldo e così famigliare del Teatro Trastevere pare aver contribuito a “fidelizzare” una parte di pubblico. Come ti sei trovato a interagire con tale realtà?

Non lo scopro certo io, il Teatro Trastevere è un luogo accogliente, per spazi ma soprattutto persone, ne approfitto, anzi, per ringraziare ancora Marco Zordan, Vania Lai e Luca Pastore per avermi fatto sentire davvero più che a casa. La vicinanza e le diverse possibilità di accesso alla platea ci hanno certamente offerto l’occasione per interagire con il pubblico, coinvolgerli e trascinarli nel nostro picaresco universo. Essendoci sempre uno spettacolo precedente, che terminava circa un’ora e mezza prima della nostra messa in scena, era divertente scoprire, di volta in volta, quali luci avessimo a disposizione, impari a lavorare in emergenza, nel precariato, devo dire che a quello non eravamo certo impreparati.

Grazie alla sua natura di work in progress “Assistants” ha ospitato anche, nel secondo capitolo della serie, un personaggio la cui folgorante apparizione ha fatto faville: il sovranista Gundam. Puoi dirci qualcosa di più su questa pittoresca figura e sull’attore che l’interpreta? E vorresti poi aggiungere qualche breve nota sugli altri componenti del cast?

Gundam è sicuramente uno dei personaggi più riusciti, non solo grazie alla spiccata bravura dell’attore che lo impersonava, ovvero Stefano Augeri, maestro di improvvisazione teatrale, ma anche perché incarna il totem dei nostri giorni, un sovranista ottuso e retrogrado ma anche dannatamente pragmatico, come quando spiega a Tomaso che, al Sud, in assenza dello Stato, la Mafia ne ricopre il ruolo. Gundam racconta l’attuale pancia dell’Italia, a cui non farai cambiare idea deridendola ma offrendo ascolto alle sue esigenze e alle sue paure, offrendole un’alternativa reale per le sue speranze, per il futuro, una chiave per farla tornare ad essere una vera comunità. Missione che, nello spettacolo, abbraccia Lavinia e, infatti, alla fine, il suo sforzo le darà ragione.

Lavinia è interpretata magistralmente da Lucia D’Ambrosio, un’attrice in grande crescita, una professionista scrupolosa ed appassionata, oltre che una ragazza deliziosa. Leone Pastoso è interpretato da Enrico Maria Carraro Moda, una giovane promessa della drammaturgia e regia teatrale italiana, un talento già espressosi in diversi suoi spettacoli, fra i quali ricordo “Giardino”, “Uomo mangia Uomo”, “Orgia”, “Fosse” e il recente “Accattone”.

Leone rappresenta quella categoria di persone che si impegnano, sicuramente in buona fede ma prive della necessaria cultura per decifrare in modo accorto la realtà e per non farsi strumentalizzare, il suo motto potrebbe essere “prima di noi qui era tutta campagna”, Enrico lo interpreta con la giusta canzonatura e strafottenza, sono soddisfatto.

Oscar Viscidini, il politico di lungo corso è interpretato da Sergio Gallone, un professionista che ama sempre mettersi in gioco, sperimentare ed, in più, una persona generosa e splendida. Ti rubo solo altre due righe per ringraziare Debora Cesti, cantante meravigliosa, che ci ha regalato, alla fine della seconda puntata, un’interpretazione delicata e potente allo stesso tempo dell’”Anno che verrà” di Lucio Dalla, su di un testo completamente riscritto da me per l’occasione e che spero di potervi far riascoltare alle prossime repliche.

Poggiandosi su una formula talmente curiosa, particolare, si può ipotizzare che “Assistants” verrà in qualche modo ripreso e magari ulteriormente modificato, per dei contesti teatrali o anche di altra natura?

 

Sicuramente “Assistants” verrà ripreso, in teatro come spettacolo unico, ovviamente con un testo in costante evoluzione e, sperando che i pianeti possano allinearsi, anche per una web-serie, formato originario dell’idea.

Per finire, c’è una domanda che non si può proprio evitare, di fronte a un uomo di spettacolo così generoso ed attivo: conclusosi a metà maggio questo primo ciclo di “Assistants“, ci sono in vista altri spettacoli che ti vedranno agire nelle vesti di autore, regista od interprete?

Certamente, stiamo proponendo i nostri spettacoli nei teatri per le varie rassegne e per la prossima stagione, fra questi, oltre al citato “Assistants”, abbiamo “#èsempreprecariomercato” uno spettacolo sul precariato, raccontato, se possibile in modo ancora più surreale e scoppiettante. Inoltre, ci tengo a riportare in scena il mio monologo “Mi chiamo Giuseppe”, uno spettacolo di narrazione sulla vita di un uomo che ha attraversato il secolo scorso e la sua vita, entrambi pieni di enormi difficoltà ed ostacoli, con la potenza esplosiva di un sorriso. Giuseppe era mio nonno ma ognuno può ritrovarci, e chi lo ha visto lo ha fatto, suo nonno, la sua famiglia, le sue origini e quanto è importante, oggi più che mai, rammentare le proprie origini. Ci sono anche altri progetti in scrittura ma mi sembra prematuro accennarne. Grazie Stefano.

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