Cosa spinge ad avvicinarsi al Burlesque? Cosa ha fatto prendere la decisione di provare a studiare questa disciplina, da cosa nasce questa idea? Ogni performer ha la sua storia, il momento in cui ha accarezzato l’idea, sognato piume e cristalli, l’eleganza e la sfarzosita’ degli abiti di scena.
Quando si comincia in genere si insegue un sogno, un modello, si entra in connessione con il proprio io, ma si ignora cosa succederà, dove porterà. Si muovono i primi passi inconsapevolmente ma irrimediabilmente qualcosa dentro cambia, per sempre. Questo è innegabile, chiunque si sia approcciato a questa disciplina, non può negarlo. Si cambia, ci si modifica, si comincia a pensare “burlescoso” in ogni cosa. È una sorta di malattia che ti prende dapprima come un semplice raffreddore, per poi diventare una broncopolmonite irriversibile che conduce allo stato comatoso, da quest’ultimo stadio si rinasce.
È un’evoluzione, una trasformazione come il bruco in farfalla. Il burlesque trasforma in creature di ali dotate, sono invisibili ad occhio nudo, ma chi le possiede sa di poterle usare sempre, ogni volta che entra in scena. Per questo si ama il burlesque, per questo si viene spinte come falene verso la luce, in questo mondo. La totale connessione con il corpo porta a vari risultati, alcuni estremamente positivi, altri molto meno. Perché per amore della verità non a tutti tira fuori il meglio della propria anima, alcune persone trovano qualcosa che le spinge ad essere come mai nella propria vita. Tira fuori l’oscuro, che per quanto sia parte di ognuno di noi ed è innegabile, per alcuni diventa un’enorme zona d’ombra che distrugge qualsiasi cosa gli si para davanti.
Questo credo sia dovuto al fatto di aver trovato una sorta di “controllo” e di “superpotere” dovuto alla dualità del personaggio. Quando ci si analizza, come quando si va da uno psicoterapeuta, spesso non si sa mai dove sarà il punto di arrivo e cosa ne scaturira’. Ho sempre sostenuto con forza ed ironia che le performer di burlesque siano bipolari, perché vivono “in due” nella pelle di un’unica persona. In alcune però può funzionare come nel famoso romanzo di Dorian Gray. Ci si incattivisce, si diventa feroci ed in alcuni casi crudeli, nei confronti di tutto ciò che non somiglia a quello che rappresenta il proprio modello e quello in cui si crede.
Eppure questa è l’arte libera per eccezione! Eppure questa è l’arte che non ha regole, molte sono state create grazie alla contaminazione con la danza in tutte le sfumature, ma continua ad essere un’arte libera, che scioglie ogni nodo interno liberando l’anima. Guardare le performer iconiche di un tempo , nei video che sono arrivati ai giorni nostri, mi rincuora sempre e non poco, perché non sono perfette ma lo sono comunque ed anche di più nell’insieme e nell’armonia del loro numero, sono ipnotiche, sensuali e molto trasgressive considerando l’epoca in cui hanno vissuto. Se fossero nate ora, se fossero delle performer odierne sarebbero esenti da critiche anche feroci? Non credo, non lo credo affatto.
Chi performa e studia burlesque prima di cominciare non immaginava neppure cosa avrebbe trovato percorrendo questa strada artistica. Non immaginava di incontrare un’altra se stessa a volte completamente diversa da quella che credeva. A volte si scorge forza, creatività, poliedricità, magnetismo ed eleganza. A volte si trova qualcosa di oscuro. Ma le forze negative possono e devono trovare uno sbocco, é meglio trasformarle in un numero che esprimi tutto questo e che esorcizzi il male, piuttosto che trasformare l’alter ego in una brutta copia di Dorian Gray.
Scegliere si può se essere incantevoli farfalle, nate da un brutto bozzolo, o un bellissimo volto che nasconde in realtà qualcosa in totale disgregamento cellulare. La donna che fa burlesque è una dominatrice ma più di tutti deve imparare a dominare se stessa, incanalando emozioni (negative o positive che siano) per trasformarle in arte pura, altrimenti tutto perde senso e valore.
Marzia Bortolotti