La resistenza degli abbracci

Il corto teatrale di Enrico Vulpiani in concorso al XXVIII Festival del Teatro Patologico

Di: Enrico Vulpiani

Sinossi: Un mondo distopico, così lontano, così vicino, allontanarlo dipende da ognuno di noi!

Cosa dire innanzitutto di Enrico Vulpiani? Noi del quindicinale Sul Palco siamo senz’altro di parte, visto che Enrico lo conosciamo bene, nella sua duplice veste: ovvero come recensore di spettacoli altrui, animato nello scriverne da una passione onesta e sincera, ma anche quale autore ed interprete di spettacoli la cui ironia ed umanità colpisce nel segno immancabilmente. Basti pensare a Mi chiamo Giuseppe o al format teatrale a episodi, realizzato poco più di un anno fa e ribattezzato Assistants.
Ecco, proprio l’esperienza così singolare rappresentata da Assistants ci aveva fatto capire che all’artista capitolino piace non soltanto la satira, cui riesce sempre a conferire un timbro personale, deciso, ma pure la possibilità di disarticolare i canoni classici della rappresentazione, rapportandoli alle necessità del momento. Una simile propensione gli è senz’altro tornata utile, in un momento così difficile per chiunque lavori nello spettacolo come quello vissuto durante le lunghe settimane di clausura, determinate dall’epidemia di COVID-19 e dal successivo, alienante “lockdown”…

Del resto l’alienazione da “quarantena” è già stata presa di petto, in questi mesi terribili, da qualche volenteroso uomo di cinema: pensiamo in particolare a Fabio Del Greco, regista di Corona Days, ma volendo anche a Federico Rizzo che, dal canto suo, ha racchiuso alcune riflessioni su quanto stava accadendo in Italia e nel mondo in un instant book compilato diaristicamente, Riflessioni pandemiche.
Se non si poteva certo pensare di zittire completamente chi fa cinema, altrettanto folle sarebbe stato pretendere di ridurre al silenzio il teatro, per quanto tale espressione artistica abbia sofferto più di qualunque altra il divieto di esercitare la sua dimensione performativa nelle forme consuete, che sono comunitarie ed implicano la vicinanza, il confronto diretto, il contatto fisico e visivo. Proprio partendo da questa negazione improvvisa e sottilmente violenta Enrico Vulpiani si è mosso per realizzare un corto teatrale, La resistenza degli abbracci, da cui emergono sia la sua bravura che quella natura, già apprezzata in altri frangenti, di osservatore acuto e partecipe della circostante realtà sociale.
Nei sette minuti circa del corto lo vediamo affacciato a una finestra. E in virtù della ripresa frontale, attraverso la quale si mostra allo spettatore, è ridotto quasi a semplice “ritaglio”, come un po’ tutti noi durante queste settimane, per l’azione combinata di un’epidemia mondiale e di quei governanti incapaci di contrastarla senza ricorrere a drastiche, spesso grottesche limitazioni della libertà personale. Ma proprio a ridosso di una fabula tanto avvilente quanto estrema, iperbolica, il narratore lascerà intravvedere sia “l’ora più nera” dell’azzeramento sociale che il momento ormai improrogabile, in cui spezzare le nuove catene.

Già in programma a “Il Maggio dei Monumenti 2020”, dove ha esordito grazie alla bella iniziativa dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli, La resistenza degli abbracci risulta ora tra i cinque corti selezionati, assieme agli spettacoli della categoria principale, per il XXVIII Festival del Teatro Patologico, trasferitosi temporaneamente e per forza di cose nella “realtà virtuale”.
Dal 28 maggio al 6 giugno vi è pertanto la possibilità di vedere i video integrali degli spettacoli e votare online, contribuendo ad assegnare il Premio del Pubblico. Un Giuria Internazionale composta da nomi molto qualificati, tra cui spicca quello di Claudia Gerini, assegnerà invece i seguenti premi: MIGLIORE SPETTACOLO, MIGLIOR CORTO TEATRALE, MIGLIOR REGIA, MIGLIORE ATTORE PROTAGONISTA, MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA, MIGLIORE SCENOGRAFIA, MIGLIORI COSTUMI, MIGLIOR TESTO, PREMIO PATOLOGICO (per spettacoli con tematiche su integrazione e disabilità), PREMIO TOR VERGATA, PREMIO DEL PUBBLICO.
Non facile il compito dei giurati, considerando che tra i lavori selezionati abbiamo già intravisto diversi approcci interessanti e motivati… ma tra questi vi è senz’altro il coinvolgente monologo di Enrico Vulpiani, un esercizio di “storytelling” dal retrogusto orwelliano, che sa graffiare il presente a colpi di inventiva e di ficcanti ironie. Fino ad esplodere in una pacifica e non più prorogabile rivolta, nata dagli abbracci (il gesto comunitario più elementare, da cui i tecnocrati al potere vorrebbero tenerci lontani) e proseguita al grido di slogan casarecci, immaginifici, persino divertenti come quello stampato sulle magliette dei ribelli: “Il capo più non chino all’amuchina”!

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