LA SOLITUDINE DEL RE. I 55 GIORNI DI ALDO MORO NELLA PRIGIONE DEL POPOLO

Scritto e diretto da Mauro Monni. Da un’idea di Giacomo Andrico. Musiche originali di Marco Lamioni. Realizzazione video Paul Cameron. Voce Riccarco III Luca Salemmi. Assistenza tecnica: Assemblea Teatro. Con la collaborazione di Giovanni Boni e Renzo Sicco.

E’ un teatro impegnato quello di Mauro Monni. E’ la memoria storica recuperata attraverso la potenza della parola e la forza magnifica e affascinante del teatro, il cosiddetto “Teatro Civile”, una delle forme più vitali del teatro contemporaneo. La storia d’Italia, peraltro, con i suoi misteri, i suoi intrecci, i suoi drammi, offre agli autori del “teatro di narrazione” spunti in continuazione. Riuscire a coglierne il senso più profondo è un privilegio che spetta a pochi.

Uno di questi è “il caso Moro” raccontato ne “La Solitudine del Re”, scritto diretto e interpretato da Mauro Monni, che ci riporta a vivere i tremendi anni del terrorismo nel momento cruciale dell’attacco brigatista al cuore dello Stato: l’eccidio di via Fani, il sequestro, i 55 giorni di prigionia del Presidente della Democrazia Cristiana nel covo delle Brigate Rosse. Emerge in maniera dirompente la consapevolezza dell’uomo abbandonato al proprio destino, le meschine macchinazioni avvenute alle sue spalle col pretesto della “fermezza istituzionale”, le ingerenze dei servizi segreti esteri. Ne esce una figura quasi Shakesperiana, un Riccardo III dei giorni nostri destinato al martirio nel nome della ragion di Stato.

In un Paese che non ha memoria (o peggio, che la memoria collettiva la costruisce attraverso TV commerciali e riviste patinate), è diventato compito dell’autore illuminato raccontare la storia collettiva di una nazione, soprattutto le pagine più buie e misteriose: quelle trincerate dietro il “Segreto di Stato”, nascoste nei patti segreti, quelle pagine che raccontano degli anni degli eccidi e della strategia della tensione, del senso di impunità, dei depistaggi compiuti da uomini delle istituzioni. Con una società civile che ha perso il senso dell’indignazione tocca al teatro, alla produzione culturale in senso ampio, smuovere le coscienze e riaffermare la verità, attraverso una rivoluzione culturale che metta in primo piano la verità storica.

Per i più digiuni su questo piano, con La Solitudine del Re Monni spiazza gli spettatori che di quel caso caso ne conoscono solo i contorni più “popolari”. L’effetto è dirompente. Ma anche per chi conosce meglio la storia, e i suoi risvolti mai chiariti, alcuni elementi appaiono forti e “destabilizzanti”. A quel tempo, la loggia segreta P2 non era stata ancora scoperta, ma, oggi che sappiamo, fa rabbrividire sapere che la commissione di esperti, nominata poche ore dopo il sequestro, fosse composta nella sua totalità da esponenti della famigerata loggia massonica. Così come si evince che l’opzione “liberazione del prigioniero”, esisteva solo all’interno degli stretti parametri del piano Viktor, un piano segreto (emerso solo 15 anni dopo il caso) che avrebbe ridotto a “vegetale” l’ostaggio eventualmente liberato. Aldo Moro dichiarato morto ancor prima di essere ucciso.

Il monologo è una rassegna documentaristica politica e umana che ci riporta allo stato d’animo del prigioniero Moro e alla sua lucida e razionale analisi, tesse i fili che via via si intrecciano sul destino dell’uomo politico fino alla sua drammatica fine, quando anche l’ultima speranza di essere liberato è ormai morta.

Lo Stato, i servizi segreti, uomini delle istituzioni, Brigate Rosse, uomini legati alla Banda della Magliana e alla criminalità organizzata, il ruolo delle potenze occidentali (Stati Uniti in primis) e quelle del blocco sovietico. Tutto viene tessuto e ricostruito con dovizia di particolari. Particolari scomodi che non tutti conoscono e che Monni ci svela con grazia, con una sensibilità che diventa quasi una confessione intima, segreta. Un monologo in cui si apprezza il coinvolgimento e la passione narrativa per una vicenda, allo stesso tempo umana e politica, che tocca le coscienze di tutti noi.

Le musiche originali composte da Marco Lamioni e i video con immagini storiche realizzati dal regista Paul Cameron, contribuiscono a creare un clima di coinvolgimento intimo tra spettatori e narratore, con una “partecipazione” che riaccende emozioni e suscita indignazione per quegli anni tragici.

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