LA VIE EN ROSE

DANZA, MUSICA E TEATRO ISPIRATI DALLA VITA E DALLA VOCE DI EDITH PIAF

Cinquant’anni fa moriva Edith Piaf, la celebre cantante francese autrice di brani immortali come “La vie en rose” (ormai la canzone simbolo di Parigi) e “Non, je ne regrette rien”. L’anniversario sarebbe passato sotto silenzio, se non ci avesse pensato Sonia Nifosi e la sua “Motion Dance Group” a rievocarla al Teatro dell’Angelo dal 12 al 22 dicembre scorsi.  La “vie en rose” è stato un itinerario di danza, musica e teatro ispirato alla vita del “passerotto” (questo era il nomignolo di Edith Piaf) e accompagnato dalle note delle sue canzoni. A guidarlo, a raccontarlo sul palco, un bravissimo Antonello Avallone, monologhista nei panni di Jean Cocteau.

Una rappresentazione in cui la fa da padrone la forza esplosiva della danza (forse per questo motivo il palco è nudo, con una scenografia praticamente assente), dove le coreografie, che germogliano sulle canzoni della Piaf, creano suggestioni e atmosfere che rivelano la storia di una vita intensa e avvolgente, segnata nei ricordi che si manifestano e poi scompaiono. La Nifosi indaga sulle mille sfaccettature di un personaggio complesso come quello di Edith Piaf e, infatti, la si celebra in tante donne diverse (da qui la scelta di non avere una sola protagonista nella parte della Piaf, ma tante ballerine che ne prendono le vesti).

Con i suoi danzatori la Nifosi crea dei passaggi, dei varchi tra le epoche. Le coreografie sono delle porte che talvolta si spalancano e altre volte permettono solo di sbirciare nell’assurda vita di un’artista che neanche il drammaturgo più geniale avrebbe potuto pensare. Cresciuta in un bordello, iniziò a cantare per strada, insieme al padre, all’età di 8 anni. A 17 anni ebbe una figlia che morì due anni dopo di meningite. Ingaggiata a 20 anni come cantante in un cabaret, iniziò delle relazioni tormentate con i suoi “impresari”.

Raggiunto il successo, sbarca negli Stati Uniti, si innamora del pugile Marcel Cerdan che però muore tragicamente in un incidente aereo. Arrivano la depressione e l’artrite deformante, con Edith costretta ad assumere forti dosi di morfina, quindi il nuovo amore con Théo Sarapo e la morte che la coglie a soli 48 anni.

Tutti questi “passaggi” sono presenti nello spettacolo e vengono letteralmente “vissuti” dai ballerini, bravissimi a restituire al pubblico la sofferenza di certi momenti o la gioia di pochi istanti. Eccezionale il primo ballerino Davide Nardi che trascina con sicurezza e maestria gli altri componenti della compagnia, dove si distingue anche un’ottima Susanna Gasbarra. Ma è l’insieme del “corpo di ballo” ad emozionare, a trascinare il pubblico verso un lungo e meritato applauso finale. Un plauso va anche ai costumi di Red Bodo’, capaci di far rivivere visivamente le atmosfere parigine di quegli anni.

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