Rassegna Hip Hop emergente a Williamsburg. Ovvero sull’importanza del pubblico

The Hall at PMCross Culture, Malik Rashad, All Year Summer, Kala and the Lost Tribe live a The Hall at MP.

Per chi non l’avesse mai sentita nominare, Williamsburg è un’isola felice immersa nella caotica New York. Tecnicamente è un quartiere newyorkese nel cuore di Brooklyn: gode di una posizione fortunatissima perché vicino ma non dentro alla City, pulita, sicura e super di tendenza. Lontano dal delirio urbano quindi, e, al contempo, al centro dell’underground cittadino. Da vent’anni a questa parte Williamsburg è il cuore pulsante della musica contemporanea, dell’indie-rock, e di una vibrante e dinamica comunità artistica. Ma soprattutto è il cuore e l’origine della cultura Hipster, quella famosa tendenza della barba, del cappello e degli occhiali rubati al nonno, che sta letteralmente conquistando i salotti europei. Li chiamo salotti con cognizione di causa, anche se questo non è né il posto né l’ora per raccontare quanto la cultura Hipster esprima il contrario di quello che si propone: perfetto quadretto di una borghesia annoiata e che tutto farebbe pur di non definirsi borghese.

In questo contesto si è svolta Venerdì 26 Agosto una rassegna di gruppi emergenti votati all’Hip-Hop, al rap e anche un po’ al soul, al The Hall at MP club su Driggs Avenue.

Malik Rashad e All Year Summer, due band emergentissime. Molto inesperte e parecchio sgangherate. Le cose hanno iniziato ad andare un po’ meglio con Cross Culture, anche perché, permettetemi di dirlo, suonavano dal vivo e non suonavano un computer. Discorso a parte andrebbe fatto per Kala and the Lost Tribe (di cui vi invito a linkare il profilo Facebook su https://www.facebook.com/Kala-and-The-Lost-Tribe-704801589571047/). Artista solista più preparata, più a suo agio sul palco, più interessante e soprattutto accompagnata da una sessione ritmica coi fiocchi: Aura Sessions, cui dovrò dedicare più spazio e più tempo prossimamente, e son certa ne varrà la pena.

Ma torniamo alla rassegna. Ciò che di più bello si è portato a casa il pubblico a fine concerto, è stato il pubblico. Favolosi, perché non prevenuti. Tutti sapevano che gli artisti in gioco erano emergenti, tutti hanno notato le difficoltà che comporta l’essere alle prime armi, e tutti, con mio grande stupore, hanno ballato dalla prima all’ultima canzone. Ẻ stato il pubblico a permettere che il corso della serata fosse avvincente, anzi elettrizzante, ed è al pubblico che va il merito di aver permesso agli artisti sgangherati di essere un po’ meno sgangherati, un po’ meno inesperti e di cominciare una carriera. Se sarà o meno una carriera di successo, sarà il tempo a deciderlo. In tutte le cose, d’altronde, è il tempo a stabilire quanto è il talento e quanta la passione.

Insomma, quella sera mi sono ricreduta sul conto degli Hipster di Williamsburg. Per fortuna esiste un pubblico che vuole ascoltare cose nuove, generi e artisti che non conosce, anche se emergenti. Più volte, troppe forse, ho assistito in prima e terza persona a situazioni in cui data una band, il pubblico chiedeva di abbassare la musica per poter guardare la partita. Ciò accadeva, peraltro, in locali studiati per la musica dal vivo. Non al Bar Sport, per intenderci.

Il pubblico ha una sua responsabilità nello sviluppo di una comunità artistica e culturale: può aiutare gli artisti a crescere, a mettersi in gioco, ad approcciare un palco per la prima volta, a sbagliare. In un certo senso aiuterebbe anche a uscire dal diktat assoluto delle televisioni, del prodotto preconfezionato e tecnicamente perfetto. Aiuterebbe a togliere almeno un po’ di terreno al colosso dei Talent Show, perché me lo sento (e un po’ ci spero) quello lì è un gigante coi piedi di argilla. Forse lo stesso discorso si potrebbe fare sull’importanza e la responsabilità dei consumatori nello sviluppo del mercato, ma questa è un’altra, lunghissima, storia.

Non vorrei annoiarvi, quindi concludo. Gli Hipster sono davvero modaioli e anche un po’ spocchiosi, però credo che da tutti e da tutto si possa imparare qualcosa. Ecco, possiamo imparare la curiosità.

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