Harvey Weinstein può (forse) tirare un sospiro di sollievo. A quattro mesi dal suo arresto, il processo che lo vede imputato a New York con le accuse di stupro e abuso sessuale non è ancora iniziato (siamo solo nella fase predibattimentale). Eppure il pool difensivo del produttore decide di sfoderare subito le sue carte migliori. In una mozione depositata il 3 agosto scorso, i legali di Weinstein rendono pubbliche 40 email intercorse tra il produttore e la vittima che lo accusa di stupro. Missive che, scrive la difesa, dimostrerebbero “la lunga, consensuale, intima relazione tra il Weinstein e la presunta vittima”.
Harvey Weinstein è ufficialmente sotto processo da luglio, quando la procura di Manhattan lo ha accusato di aver abusato di tre donne. La prima, Lucia Evans, ha denunciato di essere stata costretta a subire un rapporto orale nel 2004. La seconda, anonima, racconta di essere stata stuprata a marzo 2013. La terza è Miriam Haleyi, ex assistente alla produzione. Haleyi, in un’intervista a Hollywood Reporter, aveva rivelato che Weinstein la costrinse a subire un rapporto orale nel luglio 2006. Oggi sappiamo che è proprio lei la terza vittima oggetto del processo, la sua vera identità era fin qui ignota. La procura di Manhattan ha formulato un’incriminazione che racchiude sei capi d’imputazione – stupro di primo e terzo grado, due abusi sessuali e due aggressioni sessuali predatorie – un’accusa che a Weinstein potrebbe costare l’ergastolo.
Il produttore si è trincerato dietro un pool difensivo che racchiude i più illustri avvocati newyorkesi. Fra consulenze e ingaggi stabili, il numero di legali a cui Weinstein ha versato una parcella ha ormai superato la dozzina. Pare che fra i suoi consulenti ci sia anche Alan Dershowitz, avvocato di Oj Simpson. A livello ufficiale, a guidare la squadra c’è l’avvocato difensore Ben Brafman. La sua statura supera di poco il metro e sessanta, eppure è un portento. Il nome di Brafman è ben noto all’interno degli Stati Uniti per via di certi imputati eccellenti che si è trovato a rappresentare: Michael Jackson (pedofilia), il rapper Jay Z (accoltellamento), l’ex direttore del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Khan (molestie). Tutti rigorosamente assolti. Dunque Brafman non ha problemi a gestire un peso massimo come il caso Harvey Weinstein.
La strategia difensiva tende tutta all’aggressività. Nella mozione depositata ad agosto, il legale del produttore pretende che il processo venga cassato. Subito. L’avvocato Brafman pubblica le 40 email che Weinstein e la vittima che lo accusa di stupro si sono scambiati nel corso di cinque anni. La donna afferma di aver subito l’abuso il 18 marzo 2013, le email sono state inviate tra aprile 2013 e febbraio 2017. Dunque sarebbero successive alla presunta violenza. Nella maggior parte delle email, vittima e produttore si accordano per incontrarsi in varie occasioni. La difesa ci tiene a sottolinearne alcune: “sarebbe bello rivederti di nuovo, così ci aggiorniamo un po’!” scrive la presunta vittima a Weinstein il 17 aprile 2013, cioè un mese dopo aver subito l’abuso. Ma anche “mi manchi omone” (11 settembre 2013) e “speravo di avere un po’ di tempo in privato per parlare con te della direzione che sto prendendo nella mia vita e aggiornarci perché è passato un po’” (agosto 2013). Nell’estate del 2013 la donna cambia numero di telefono e ci tiene ad avvisare Weinstein: “Ho un nuovo numero. Volevo solo che lo avessi. Spero che tu stia bene e chiamami quando vuoi, è sempre bello sentire la tua voce”. La maggior parte delle email intercorse fra i due servivano ad organizzare incontri durante pranzi, aperitivi e serate. La donna scrisse a Weinstein anche per presentargli la madre, o per ottenere un lavoro sicuro, e ancora quando le è stata sospesa la patente, o per avere conforto per il padre ammalato. L’email che la difesa di Brafman sottolinea in grassetto è quella inviata a Weinstein a febbraio 2017: “Ti amo, come sempre. Ma odio sentirmi come un ripiego!” scrive aggiungendo una faccina che sorride. Quel “ripiego” per la difesa indica che il rapporto era consensuale.
Nella mozione il legale Brafman afferma che la procura di Manhattan era a conoscenza delle email che scagionano Weinstein, ma ha preferito nasconderle alla corte. Per questo motivo, la posizione di Weinstein deve essere archiviata e il processo bloccato sul nascere. Per ora, i procuratori newyorkesi hanno preferito non commentare le rivelazioni. Risponderanno più in là, presentando una loro mozione. Gli agenti del dipartimento di polizia di New York, che hanno condotto le indagini contro Weinstein, lasciano trapelare qualche indiscrezione sulla stampa. Una fonte del NYPD racconta al sito scandalistico Tmz che quelle 40 email non sono la prova che scagionano Weinstein dall’accusa di stupro. Sono molti i casi in cui le vittime continuano a mantenere un rapporto con l’aggressore, nonostante abbiano subito un abuso. Succede spesso quando ad aggredire è il marito/fidanzato/compagno della vittima. La relazione vittima-aguzzino continua, spiega la fonte al quotidiano. Inoltre, fanno sapere gli ufficiali, in nessuna di quelle email si fa riferimento a quanto è avvenuto a marzo 2013, data in cui sarebbe avvenuta la violenza. Non c’è niente che chiarisca che la violenza fu in realtà un rapporto consensuale. L’ultima parola spetta al giudice.