Intervista a Francesca Ceci

La realizzazione del primo cortometraggio da regista, Amen, ci ha offerto anche lo spunto per ripercorrere insieme la sua entusiasmante carriera di attrice

Aver incontrato di nuovo Francesca Ceci a Videocorto Nettuno, festival cui l’attrice si sente molto legata, ci ha consentito inoltre di saggiare un aspetto nuovo, inedito, della sua variegata esperienza artistica: quello registico. A Nettuno difatti è stato presentato in anteprima il suo primo cortometraggio, Amen (non si sa mai). Girato velocemente, in una location assai suggestiva e in un contesto produttivo altrettanto particolare, Amen è riuscito a stuzzicarci, a divertirci, grazie anche al modo così spigliato con cui l’autrice ha saputo riportare il tema delle credenze popolari, affrontato con un tocco piacevolmente leggero, al terreno della commedia all’italiana che le è senza dubbio congeniale. Senza rinunciare peraltro a quel pizzico di stramberia che rende la visione del corto più sapida. Ma non ci siamo limitati a parlare del suo primo lavoro da regista, ovviamente, avendo di fronte a noi una splendida attrice che ha avuto occasione di rivelare la sua versatilità ed il talento sia al cinema che in televisione e soprattutto a teatro, per di più al fianco di alcuni tra i più grandi nomi della scena italiana.

Cominciamo pure, Francesca, dal nostro incontro più recente, propiziato dall’edizione 2018 di Videocorto Nettuno. Quale rapporto hai con questo festival? E che emozioni hai provato partecipando per la prima volta con un lavoro da te diretto?

Sono particolarmente legata a questa rassegna, si respira un’aria familiare. Come attrice avevo partecipato più volte con cortometraggi diretti da Samantha Casella, Lucilla Colonna, Paolo Budassi Frajese, Giovanni Carta.
Diciamo che in questo caso, stando “dall’altra parte”, è stato ancor più interessante osservare il lavoro degli altri… una piacevole esperienza.

Parliamo ora di Amen, il tuo cortometraggio. Come è nata l’idea? E qual è stato l’approccio che avete avuto a livello produttivo e realizzativo? Spicca senz’altro la scelta tra le location dell’assai suggestivo Castello di Montenero Sabina, scelta che immaginiamo legata all’iniziativa di Claudio Bucci “Corti al castello”…

L’idea è bizzarra. Il giornalista Sergio Fabi ha creato da qualche anno un grande gruppo di amici e lo ha chiamato “No+1”. Circa 100 persone che fanno tutte mestieri diversi, non necessariamente legati al mondo dello spettacolo. Il soggetto, nato da Raffaela Anastasio, è stato affidato a quattro registi, tutti appartenenti a questo gruppo No+1, ognuno dei quali ha poi sviluppato una sua sceneggiatura. Ad ogni regista è stato attribuito un cast composto per lo più da non attori.
Il senso di tutto è stato senz’altro l’aggregazione e la condivisione. Chiaramente facendo questo mestiere nella vita, il mio approccio è stato il più possibile professionale, ma senza alcun tipo di aiuto e senza alcuna produzione alle spalle. Una grande sfida insomma. Non ultimo, condizione imposta a noi 4 registi: girare dall’alba al tramonto. Quindi abbiamo iniziato alle 7 di mattina e finito alle 8 di sera. Tutto in un’unica giornata! Claudio Bucci ha messo a disposizione il bellissimo Castello di Montenero Sabino, location suggestiva, ma ovviamente all’interno spoglia quindi assolutamente non semplice organizzare, creare, allestire..

Del tuo cortometraggio ci è piaciuto senz’altro il tono estremamente leggero, naif, con cui ti sei accostata a credenze popolari come il malocchio e al classico contrasto tra razionalità e pensiero magico, esoterico. Cosa pensi a riguardo?

Il malocchio, ma anche la superstizione, la stregoneria, la magia nera, la scaramanzia, fanno parte di una cultura molto radicata.
Sono abituata a lasciare fuori il giudizio e trovo interessante che queste credenze popolari possano stimolare, coinvolgere e per certi versi modificare il pensiero delle persone. La sequenza delle gestualità riportate nel corto arrivano proprio da ricordi d’infanzia nei paesini Abruzzesi. Le signore anziane toglievano il malocchio così. E al di là del crederci o meno, quei ricordi mi strappano sempre un sorriso.

Sempre per quanto riguarda Amen, come ti sei regolata per il cast? E come è stato affrontare il doppio ruolo di regista ed interprete?

Il cast che mi hanno affidato, con la procedura che ti spiegavo prima, comprendeva molte più persone rispetto a quelle di cui avessi realmente bisogno, ma con Maria Grazia Grilli che ha scritto con me la sceneggiatura, siamo riuscite a mettere in scena tutti. In fondo lo scopo era proprio quello! Sono state bravissime e spontanee le bambine: Giorgia che aveva già girato uno spot e Marta, la piccolina, alla sua primissima esperienza.
Il doppio ruolo è artisticamente molto interessante, ma, in questo caso, abbastanza articolato. Troppo poco tempo a disposizione e su alcune cose avrei voluto dedicarmi di più. Ma un ottimo allenamento!

Venendo proprio alla tua carriera di attrice, già lunga e ricca di soddisfazioni, quali sono tra cinema, teatro e televisione le tappe che ricordi con maggior affetto ed orgoglio?

Il teatro è il mio primo grande Amore. Le emozioni più grandi, le maggiori ansie, la più potente adrenalina. Un ricordo tenero è il mio primissimo spettacolo che si chiamava “Tu falla ridere, poi diventato “Re per una notte show” per la regia di Marco Perrone, uno degli autori di Zelig. Il mio esordio subito da protagonista, al fianco dei più grandi comici romani, puoi immaginare quanta emozione! Tra questi comici Teresa Lallo e Simone Tuttobene che purtroppo ci hanno lasciato troppo presto, ma che ricorderò per sempre con grande affetto.
In televisione ricordo con affetto Un ciclone in famiglia 2 per la simpatia di Mattioli e Boldi, ma anche e soprattutto per la regia di un signore che è stato il più grande rappresentante del cinema popolare italiano, Carlo Vanzina. Una persona per bene.
Al cinema sicuramente Festina Lente perché ho interpretato un personaggio che ho imparato a conoscere e ad amare e al quale, poi, mi sono molto legata.

Hai lavorato assieme ad alcuni grandi nomi della commedia italiana. E’ giusto, quindi, considerare tale genere come quello, al quale ti senti maggiormente legata?

Ho avuto l’onore di lavorare con i più grandi, Gigi Proietti, Enrico Montesano, Pippo Franco, Enrico Brignano, Lillo & Greg e con ognuno di loro ho fatto esperienze straordinarie, ma sono un’attrice e sono sempre a disposizione dei miei personaggi. La verità è che amo profondamente il mio mestiere. Recitare è una parte importante della mia vita. E quindi non c’è un genere che preferisco. Mi piace interpretare, sostituirmi, ricreare.
Ho amato moltissimo rivestire i panni di Anna Magnani in Mamma Roma nello spettacolo dedicato a Pier Paolo Pasolini “Come un cane sulla tuscolana”.
Sono legatissima allo spettacolo di teatro civile “Chi ha paura muore ogni giorno” sulla vita di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Spettacolo che con il Giudice Giuseppe Ayala e la direzione artistica di Gabriele Guidi abbiamo portato per due anni nei più grandi teatri di Italia ed Europa.

Venendo ad altri generi e ad altri contesti cinematografici, premi importanti ti sono venuti anche da un film indipendente in costume, Festina lente di Lucilla Colonna, che continua a ricevere consensi non solo in Italia e che verrà nuovamente proiettato, a breve, in una prestigiosa cornice bolognese. Come potresti sintetizzare questa esperienza?

In una sola parola.. straordinaria.
L’occasione di poter studiare e approfondire il personaggio di Vittoria Colonna, così complesso, tormentato, forte e fragile allo stesso tempo. Girare in costume per la prima volta e avere come set location così suggestive da far brillare il cuore.
Ho avuto due riconoscimenti importanti: Best Actress al Wild Rose Indipendent Film Festival e Best Actress al Barcelona Planet Film Festival.
Sono stata diretta da Lucilla Colonna, una donna di grande intelligenza e sensibilità, con la quale ho avuto uno scambio continuo. Mi ha permesso di fare e di esprimermi. Ha tutta la mia stima per il grande lavoro che è riuscita a fare.

Per concludere, siamo molto curiosi: dopo aver diretto il tuo primo cortometraggio, a quali progetti ti stai dedicando?

Il più grande in assoluto.. mio figlio Mathias. Diventare Mamma mi ha fatto scoprire cose nuove e mi ha dato una grandissima energia!
Sto preparando il mio primo monologo, credo sia arrivato il momento!
A breve partirò con la conduzione di un nuovo programma dal titolo “Contact Expeditions” che nella prima puntata mi porterà sui Monti Pirenei.
E poi.. mmm questa te la racconto la prossima volta!
Viva il cinema! Viva il teatro!

 

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